giovedì 20 dicembre 2007

Colombia: storico passo avanti per l'organizzazione indigena




Da Il Manifesto del 18.12.2007 - 19/12/2007

Colombia, ecco il «governo ombra» indigeno

Un parlamento, un consiglio di governo, un consiglio di giustizia: l'organizzazione dei popoli nativi si trasforma, contro il progetto di «paese paramilitare» di Uribe

da Bogotà - Giuseppe De Marzo
«Da oggi costruiamo un nostro proprio cammino. Da oggi noi siamo governo proprio. Da oggi noi esercitiamo autonomia e giustizia nei nostri territori. I potenti non costruiranno un nuovo paese, né faranno la pace, né faranno giustizia e nemmeno faranno pace con la natura: non è per loro necessario e non sarebbero capaci di farlo. La lotta indigena è pacifica, ma allo stesso tempo non è possibile rimanere passivi mentre continuano a sterminarci. Resistenza, autonomia, equilibrio e governo proprio, affinché ci sia pace, giustizia e diritti per tutti». Il presidente Luis Evelis Andrade chiude così il VII congresso della Onic, l'organizzazione indigena colombiana che raggruppa 84 delle 97 etnie del paese e rappresenta un milione e trecentomila nativi. Tenuto a Ibaguè, nella regione colombiana del Tolima, il congresso ha celebrato 25 anni di lotte e di resistenza del movimento indigeno, nato proprio nel Tolima nel 1982, e sancito rilevanti scelte politiche.

La Onic ha deciso di trasformarsi da associazione che raccoglie le istanze delle comunità in un organo di «governo proprio» con il quale lo stato dovrà confrontarsi d'ora in avanti. E' un'enorme novità strutturale, che radicalizza la lotta indigena. Il movimento cambia forma e decide di entrare in piena autonomia, creando organi propri. Accanto al Congresso nazionale, che continuerà a riunirsi ogni quattro anni, nascono l'Assemblea delle autorità di tutti i popoli, il Consiglio di governo, il Parlamento indigeno, che avrà funzioni legislative a partire dal «diritto proprio» e il Consiglio nazionale di giustizia indigena, che applicherà la giustizia nei territori indigeni. Una trasformazione che rappresenta una risposta alla drammatica situazione che i popoli indigeni stanno vivendo in Colombia, segnata negli ultimi quindici anni da un progetto di paese paramilitare poggiato sullo sfruttamento delle risorse energetiche e sul narcotraffico, che ha sgretolato le conquiste ottenute con la Costituzione del 1991, proprio a partire dalle lotte indigene.

Il quadro che emerge dai documenti preparati è impressionante: 18 popoli a rischio di estinzione, il 12% della popolazione indigena che ha subito violazioni dei diritti umani, 2800 omicidi negli ultimi quindici anni, quasi centomila sfollati, distruzione dei territori ancestrali, persecuzione sistematica. L'85% delle responsabilità sono da imputare allo stato, accusato di etnocidio e genocidio. Nemmeno i continui richiami delle agenzie delle Nazioni unite e dell'Alto commissariato per i diritti dei popoli indigeni, che più volte hanno chiesto al governo Uribe di fermare i massacri e le violazioni dei diritti umani e collettivi, hanno modificato la situazione.

Autonomia a partire anche dalla crisi del diritto internazionale e dal riconoscimento della propria differenza in quanto portatori di cultura propria, basata su quella che definiscono la «legge di origine», e cioè la scienza tradizionale della saggezza e delle conoscenze ancestrali indigene che si riflettono nella gestione sia materiale che spirituale della vita e della comunità. Secondo i popoli indigeni al di fuori di questa legge c'è solo disgregazione sociale ed ecologica, in quanto è la legge di origine che garantisce la permanenza della vita, dell'universo e che regola le relazioni tra gli esseri viventi. Nella tradizione indigena tutto ciò che ha vita ha «origine» ed ha diritto di vivere e di esistere secondo una legge di reciprocità. Tutto possiede un luogo nella creazione e nel mondo indigeno e non in un funzione dell'essere umano individuale.

La Onic dopo 25 anni di resistenza si propone quindi di assumere l'impegno di essere «governo indigeno», non costruendo un altro stato indipendente ma consolidando l'esercizio dell'autonomia del governo indigeno sul piano locale, regionale, nazionale e internazionale in tutti gli aspetti della vita politica, sociale ed economica, strutturando «piani di vita» come assi fondamentali della resistenza, per garantire vita, cultura, territori. Una visione integrale dalla quale emerge una lucida critica alla globalizzazione neoliberista, strettamente collegata alle scelte del governo Uribe, accusata di concepire lo sviluppo non come un modello in quanto tale, ma come una strategia per mantenere un ordine economico che si fonda sulla logica del mercato come regolatore della società. Un modello che ha invaso le comunità con i suoi megaprogetti estrattivi, le infrastrutture agroindustriali, le fumigazioni del Plan Colombia, le guerre e il disconoscimento dei principi e dei diritti delle comunità.

Come soggetto politico che si costituisce come incompatibile con il modello economico attuale, il movimento indigeno ha deciso tra i suoi obiettivi principali anche il rafforzamento e la costruzione di alleanze con gruppi, movimenti e popoli in resistenza. Già da un anno la Onic guida il processo che mette insieme nel coordinamento dei movimenti sociali colombiani, le comunità nere afro-colombiane, i movimenti di donne, i contadini e le comunità cristiane di base. Alleanze ovviamente in America Latina ma anche con i movimenti sociali che in altri continenti contestano gli organismi internazionali come il Wto, il Fmi o la Banca mondiale che si battono, come ci dice Luis Evelis Andrade, per un altro mondo possibile.

Un cammino difficile, ma è l'unico.

Fuente: http://www.asud.net/news/news.php?nw=257

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