venerdì 28 novembre 2008

La Comunità indigena NASA riscatta sette persone sequestrate in Caldono (Cauca – Colombia)




Seguendo il principio dell’autonomia territoriale dei popoli indigeni continuiamo a opporre resistenza ai gruppi armati che ci aggrediscono, si tratti di “falsos positivos” (azioni delittuose “inventate” dalle forze di polizia o dell’esercito) o di sequestri, da qualsiasi parte in conflitto vengano, sono contrari al nostro progetto di vita.

Comunicato per l’opinione pubblica

Il Cabildo Indigeno di Pioyà (Cauca – Colombia) comunica all’opinione pubblica nazionale e internazionale che, ieri notte (26 novembre 2008, n.d.r.) la comunità indigena NASA, con l’appoggio dei guardiani indigeni, hanno riscattato sei funzionari del Municipio di Jambalò (Cauca – Colombia) e una delegata del Ministero di Educazione che erano stati sequestrati da un gruppo armato illegale lungo la strada che unisce i paesi di Silva e Jambalò con la città di Popayan (Cauca – Colombia).

Luz Marina Quiguanàs (Cassiera del Municipio), Emilse Muñoz Collo (Consigliera finanziaria), Eumenia Orozco Rodríguez (Commercialista), Dora Jenny Bolaños (Responsabile del Bilancio), Edwin Armando Embùs (Assistente Giuridico), Hamwer Enrique Cuellar (Consigliere operativo) e Luisa Fernanda Fraile (Operatrice di Corpoeducaciòn, organismo del Ministero di Educazione), verso le ore 18.00 percorrevano la strada nei pressi della località Ovejera a bordo di una pickup Toyota targata CBX722 di proprietà del signor Embùs e furono intercettati da 4 uomini armati e con volto coperto da passamontagna che si sono identificati come membri del sesto fronte della colonna “Jacobo Arenas” delle FARC (Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia).

Furono obbligati a fermarsi e quindi condotti verso il Resguardo Indigena di Pioyà con l’idea di internarli poi nella selva. Un’ora più tardi la comunità indigena di Jambalò seppe di quanto era successo e immediatamente si mise in contatto con le autorità delle comunità indigene di Pitayò e di Pioyà. Queste misero immediatamente in moto tutte le persone disponibili per setacciare la zona con il proposito di trovare e riscattare le persone sequestrate.

Quando il gruppo di sequestratori si rese conto dell’azione delle comunità indigene, verso le ore 21,00, si divise in due. Tre degli uomini armati proseguirono a piedi con Emilse Muñoz Collo e Edwin Armando Embùs, mentre l’altro si portò via il resto dei sequestrati nella Toyota. La comunità indigena continuò con la sua azione fino a metterli alle strette e costringerli a scappare rilasciando i sequestrati. Emilce Muñoz raccontò poi che i guerriglieri dissero: “Sono arrivati gli Indigeni, è arrivato il Cabildo; è meglio che vi lasciamo liberi”.

Nel frattempo un altro gruppo di indigeni, uomini donne e bambini, guidati da una stazione radio locale “Pell Sxam, Pueblo de los Carrizales” che appartiene alla Comunità Indigena di Pioyà, continuarono a seguire le tracce degli altri sequestrati fino a localizzarli. I guerriglieri cercarono di intimidire la comunità sparando in aria, ma questa si mantenne ferma nel suo proposito, nella sua convinzione che una comunità unita è più forte di ognii violenza, riuscendo a riscattare anche gli altri sequestrati. Nella fuga ii sequestratori hanno perso un revolver che è stato consegnato alle autorità indigene di Pioyà.

Fatti come questi si sono verificati in diverse circostanze negli ultimi tempi nei territori indigeni e più precisamente in Pioyà, dove la comunità indigena ha realizzato diverse azioni di resistenza civile (riscatto di un cittadino svizzero nel 2003, riscatto di un elicottero che trasportava denaro dello Stato nel 2006, la disattivazione di mine anti-uomo nella località El Carmen, la eradicazione di marijuana quest’anno e ora, il riscatto di questi 7 sequestrati). Le autorità indigene si sono riunite nelle prime ore di oggi, dalle 2,00 alle 4,00 e hanno deciso di convocare le autorità dello stato, i rappresentanti degli organismi di difesa dei diritti umani e i rappresentanti degli organi di informazione per ufficializzare la liberazione di queste sette persone che erano state sequestrate.

In questo atto pubblico si sono resi pubblici i fatti accaduti e si è distrutta l’arma abbandonata dai sequestratori come segno di rifiuto di ogni forma di violenza e di ogni gruppo violento che porta scompiglio nelle nostre comunità. La comunità indigena non può accettare ne un esercito che costruisce false azioni sovversive (“falsos positivos”) ne una guerriglia che si proclama a favore del popolo mentre attenta contro i diritti del popolo.
Le autorità indigene ratificano la loro politica di autonomia del territorio e di lotta per la difesa della vita e del territorio stesso, nel contesto della “Minga de los Pueblos” (cooperazione dei popoli). Allo stesso tempo rinnovano il loro appello all’unità della popolazione e al potenziamento delle organizzazioni civili e popolari dirette alla resistenza pacifica in tutto il territorio colombiano, per affrontare i progetti di morte che attentano contro i progetti di vita dei popoli indigeni, contadino, afrocolombiani e urbani.

Caldono 27 noviembre, 2008
Cabildo Indígena de Pioyá, Cabildo Indígena de Pitayó (Silvia Cauca) y Cabildo Indígena de Jambaló

Processo italiano contro i gendarmi di Pinochet



A Roma le vittime
1-3 dicembre - ROMA

NI OLVIDO NI PERDON!

In Italia il processo contro i gendarmi di Pinochet. A Roma una delegazione le vittime

Dall'1 al 3 dicembre sarà in Italia una delegazione cilena di vittime della dittatura di Pinochet e di Alfonso Podlech Michaud; ex procuratore militare cileno che da agosto di quest'anno si trova nel carcere di Roma.

Podlech è accusato di essere il responsabile di violazioni ai Diritti Umani sin dal primo giorno del colpo di stato dell' 11 settembre 1973, data che segna tragicamente l' inizio della lunga notte dei popoli cileno, mapuche e di altri popoli dell' America Latina.

Per quel che riguarda la "giustizia"; in Cile Podlech godeva di totale impunità, mentre si trovava in viaggio di turismo in Spagna è stato colpito da un mandato di cattura europeo, emanato dal PM Giancarlo Capaldo che conduce l'inchiesta "Operazione Condor" e che insegue anche altri 139 responsabili di violazioni dei diritti umani.
L' Operazione o Plan Condor si conosce come un macabro accordo delle polizie secrete di sette paesi sudamericani e della Cia, che consisteva nel fare sparire gli oppositori di sinistra ovunque si trovassero. Così s' indaga anche per altre vittime; 25 desaparecidos di origine italiana.

Ora Alfonso Podlech si trova nel carcere di Roma in attesa di giudizio, con l' accusa di essere il responsabile della sparizione nel 1973 dell' ex-sacerdote del movimento "Cristiani per il Socialismo", Omar Venturelli cittadino italo cileno.

La delegazione presente in Italia è composta da vittime dirette della dittatura e da familiari delle vittim:
- Fresia Cea Villalobos, vedova di Omar Venturelli,
- Ruth Kries vedova del dott. Hernán Henriquez Aravena,
- Carlos López Jara , ex prigioniero politico condannato in un Consiglio di Guerra da Alfonso Podlech.
- Tania Levinao, indigena Mapuche, figlia di Jeremias Levinao ex prigioniero politico, condannato anche lui da Podlech in un Consiglio di Guerra.

Calendario degli appuntamenti:

LUNEDI 1° DICEMBRE 2008

AMBASCIATA DEL CILE A ROMA
ore 12.00

Appuntamento sotto l'ambasciata del Cile a Roma

La delegazione cilena si presenterà dall'ambasciatore cileno a Roma per chiedere al governo cileno sostegno nel processo contro Alfonso Podlech che porta avanti il PM Capaldo.


MARTEDI 2 DICEMBRE 2008

PALAZZO VALENTINI - ROMA - ORE 17.00

Sala delle bandiere Via 4 Novembre n° 119, Roma

Incontro pubblico: MEMORIE DI TEMUCO – "Parlano le vittime di Alfonso Podlech"


Le iniziative sono promosse da:

Sal onlus
Rete Radie Resch

in collaborazione con:
Comité Juicio y Castigo a Podlech di Temuco, Cile
Ecomapuche.net
A Sud

giovedì 27 novembre 2008

La nostra voce contro tutte le mafie



Narni per la Pace,
Città di Narni,
Assessorato alla Cooperazione e alla Pace,
Rete Italiana di Solidarietà Colombia Vive!



io vedo, io sento, io parlo

Io leggo GOMORRA ad alta voce


Maratona di lettura - Sabato 29 e Domenica 30 novembre 2008

Palazzo Eroli, Sala del Camino

(Sabato 9:30 – 19:00 – Domenica 9:30 - 13:00)


con la partecipazione di LIBERA e AVVISO PUBBLICO


sono invitati

Le Istituzioni, le Associazioni, le Scuole, i Sindacati, le Associazioni di categoria, le Parrocchie, le forze economiche e sociali del territorio per leggere insieme a noi


info: narniperlapace@libero.it – tel. 0744 747269 ufficio per la pace

lunedì 24 novembre 2008

Offensiva dello Stato contro le Organizzazioni e i Membri del Movimento delle Vittime


CON PREGHIERA DI DIFFUSIONE
COMUNICATO PUBBLICO ALL’OPINIONE NAZIONALE E INTERNAZIONALE:

Il governo del presidente Uribe, gruppi paramilitari e organismi statali conducono un’ allarmante ondata di persecuzioni, detenzioni e azioni criminali contro organizzazioni di diritti umani e membri del Movimento Nazionale delle Vittime (MOVICE). La politica ufficiale riflette un deterioramento accelerato e preoccupante dello stato di diritto in un paese che cerca di sottoporre a giudizio le opinioni divergenti e la mobilitazione sociale per distrarre l’opinione pubblica dagli scandali che scuotono il governo a causa della parapolitica, del fallimento della smobilitazione militare e dei “falsi positivi” della forza pubblica che hanno portato all’assassinio di centinaia di persone innocenti. Il MOVICE denuncia l’ingiusta accusa del Segretario Tecnico del MOVICE, presso il Dipartimento di Sucre, di CARMELO AGAMEZ, e di MARTIN SANDOVAL ROSSO, direttore del Comitato Permanente per la Difesa dei Diritti Umani (CPDH) nel dipartimento di Arauca. Allo stesso tempo, esprimiamo la nostra preoccupazione di fronte all’aumento della criminalizzazione e della stigmatizzazione attraverso la messa in stato di accusa di studenti, professori e settori sociali che rivendicano i propri diritti davanti allo Stato colombiano. Questi fatti indicano che si sta costruendo tutto un montaggio giudiziario che mira ancora una volta a delegittimare il lavoro che si sta portando avanti in Colombia per la difesa dei diritti umani.

I membri e le organizzazioni appartenenti al MOVICE che sono sotto accusa, stanno conducendo un lavoro permanente di denuncia delle violazioni dei diritti umani, come nel caso delle esecuzioni extragiudiziarie commesse dalla forza pubblica che hanno portato in varie regioni alla destituzione di militari e al ritiro dell’appoggio del governo degli Stati Uniti ad alcuni battaglioni dell’Esercito Colombiano.

Tra gli episodi di repressione più recenti, segnaliamo:

-CARMELO AGÁMEZ, membro del MOVICE a Sucre, il 15 novembre è stato catturato e in seguito incarcerato per ordine della Fiscalía.
Carmelo gode di misure cautelari della Commissione Interamericana dei Diritti Umani dal 2006, insieme a 17 leaders sociali del dipartimento di Sucre appartenenti al MOVICE da quando fu scoperta una lista di sterminio che a quanto pare fu elaborata da politici coinvolti nella strategia paramilitare nella regione.

MARTÍN SANDOVAL ROSSO, membro del MOVICE e direttore del CPDH nel dipartimento di Arauca, il 4 novembre, nel corsodi un operativo composto da Fiscalía, DAS, CTI e Polizia Nazionale è stato catturato insieme a 16 dirigenti sociali e difensori dei Diritti Umani ad Araquita. Il dipartimento di Arauca dall’anno 2002 subisce detenzioni di massa e selettive di dirigenti sociali e della popolazione in generale, che, sulla base di montaggi e dichiarazioni che li accusano si essere legati alla guerriglia, vengono catturati e detenuti per tempi prolungati e con violazioni delle proprie garanzie legali e costituzionali.
La Fiscalía 12 dell’Unità Antiterrorista della Fiscalía Generale della Nazione, con a capo Jorge Iván Piedrahita Montoya ha ordinato di ispezionare le banche dati delle università pubbliche e private in cerca di presunti guerriglieri e dà luogo a procedimenti giudiziari contro maestri, studenti, organizzazioni di diritti umani e membri del Polo Democratico Alternativo, tra gli altri. Questi processi hanno avuto inizio con ordini di cattura contro vari studenti e professori sospettati di appartenere alle FARC, ma anche con minacce da parte di gruppi paramilitari nell’Università Nazionale di Bogotà. Avvocati amici che hanno assunto la difesa di vari detenuti hanno potuto rendersi conto che nel processo, identificato come 65.635, ci sono più di 63 ordini di cattura e che è stato arbitrariamente ordinato di intercettare le comunicazioni delle organizzazioni nazionali e internazionali di diritti umani e d’opinione.
In particolare, è stato ordinato di intercettare le e-mail della Federazione Internazionale dei Diritti Umani con sede a Parigi e allo stesso modo, l’intercettazione delle comunicazioni del mezzo di comunicazione Le Monde Diplomatique (Parigi) e dell’ organizzazione Giustizia per la Colombia (Londra) ed è stato segnalato l’ordine di intercettare le comunicazioni dei funzionari dell’Ufficio delle Nazioni Unite con sede a Bogotà. A livello nazionale, è stato emesso l’ordine di intercettare le comunicazioni del Collettivo di Avvocati “José Alvear Restrepo”, oltre a uelle delle seguenti organizzazioni: Corporación Reiniciar, Humanidad Vigente, Corporación Yira Castro,Fensuagro, Sintraminergetica, Fescol, Fundación Manuel Cepeda, Red de Acción contra Libre Comercio (Recalca), Sintrabancol, Sinpeagricun e altre.

Petizioni:
- Di fronte agli ultimi atti d’accusa realizzatisi nel corso del mese di novembre, facciamo un appello affinché venga garantito il Dovuto Processo a chi è stato privato ingiustamente della propria libertà. Allo stesso modo, chiediamo che in base ad una sana critica e valutazione obiettiva delle prove acquisite, la Fiscalía liberi immediatamente tutte le persone detenute e in particolare CARMELO AGAMEZ e MARTIN SANDOVAL ROSSO.

- Chiediamo allo Stato colombiano di arrestare la repressione attualmente in atto contro i difensori dei diritti umani e i leaders sociali per mezzo di montaggi giudiziari.

- Chiediamo agli organismi di controllo dello Stato che venga attivato il sistema di pronto allerta dal momento che questi fatti costituiscono un imminente pericolo per l’integrità e la sicurezza dei leaders del movimento sociale.

- Chiediamo alla Commissione Internazionale dei Diritti Umani, all’ONU, al Corpo Diplomatico e in generale alla Comunità Internazionale di seguire questi fatti e di esigere dal governo colombiano il rispetto dei diritti umani, il riconoscimento delle libertà pubbliche dei cittadini, la fine alla repressione e il rispetto della Costituzione.

- Chiediamo a tutte le organizzazioni nazionali e internazionali dei diritti umani, ai mezzi di comunicazione alternativi, alle organizzazioni sociali e popolari alle organizzazioni indigene, alle organizzazioni sindacali e studentesche, di diffondere questo documento e di manifestare la propria solidarietà esprimendo il proprio punto di vista sui fatti sopra menzionati.

COMITÉ DE IMPULSO DEL MOVIMIENTO DE VICTIMAS DE CRIMENES DE ESTADO

Bogotá D.C. 21 Novembre 2008.

venerdì 21 novembre 2008

La Minga de los Pueblos si fa anche a ROMA!


Qui in Italia, come in altri Paesi europei, i mezzi di comunicazione poco hanno trasmesso sulla MINGA de los Pueblos. Questo conferma una volta di più che in Colombia e nel mondo, alcuni si attribuiscono il diritto di decidere chi vale di più o di meno davanti alla legge, davanti alla società e davanti alla Vita.

Da circa un mese e dieci giorni 12.000 concittadini indigeni hanno iniziato la MINGA de los pueblos en resistencia . Ad essi si sono uniti organizzazioni sociali, sindacati, afrocolombiani, campesinos, studenti e cittadini in generale.

Alziamo la voce, perché ADESSO BASTA! :
1. Respingiamo i trattati di Libero Commercio,
2. Non più terrore e guerra con la Politica di Sicurezza Democratica,
3. Revoca di tutta la legislazione sulle espropriazioni,
4. Adempimento degli Accordi e delle Convenzioni,
5. Creazione dei meccanismi di Sovranità, Pace e Convivenza tra i Popoli per costruire un'agenda di unità popolare
sono questi i cinque punti proposti dalla Minga al Governo colombiano.

Di fronte a queste sollecitazioni il Governo colombiano ha risposto come la solito. Con le pallottole dei fucili e la forza dell’ esercito, screditando il movimento sociale

Nonostante tutto ciò ancora la Minga resiste ed ora con più forza.

Davanti all’impotenza di non potere fare di più, stando così lontano ....

CI UNIAMO ALLA MINGA DE LOS PUEBLOS da ROMA

Quando? Il 24 novembre 2008 alle ore 15.30

Dove? Davanti all’Ambasciata Colombiana in Roma ( Via G. Pisanelli, 4)

Chi partecipa? Tutti coloro che condividono i principi e lo spirito della Minga

PER informazioni può scrivere a: reteitalianadisolidarieta@gmail.com


Chi può e desidera appoggiare economicamente con un granello di sabbia in Euro la Minga , può farlo così:
Nome del conto corrente: Cuenta corriente de la Asociaciòn de Cabildos Indìgenas del Norte del Cauca- ACIN, N° 838-081023-45
Nombre del banco: BANCOLOMBIA . Dirección oficina del Banco: Carrera 12A No. 2-37, Santander de Quilichao, Cauca, Colombia.
Código del Banco: COLOCOBM
IBAN: 36006658
Banco corresponsal: CITY BANK NEW YORK

Colombia, minacciato giornalista di PeaceReporter

20/11/2008

"Ti stai intrufolando dove non devi con troppa forza e verrai schiacciato. Se vuoi diventare un martire con molto piacere soddisferemo il tuo desiderio".

Simone Bruno, il nostro corrispondente dalla Colombia, è stato oggi minacciato di morte attraverso la sua pagina di Facebook. Detta così, nel nostro Paese dove il social network si usa quasi solo per svago, potrebbe sembrare una cosa da poco.
Ricevere minacce in un paese come la Colombia invece è una cosa molto seria. Negli ultimi dieci anni sono stati uccisi 120 giornalisti, colpevoli di aver denunciato le ingiustizie sociali in una terra stretta tra la brutale repressione del governo e la violenza della guerriglia.
Simone si era recato nello stato del Cauca, nella città di María-Piendamó, per documentare la protesta degli indigeni con le sue splendide foto e i suoi racconti.
Un reportage importante, che raccontava il tentativo degl iindigeni di far conoscere al mondo intero la loro drammatica situazione: secondo la Onic (Organizzazione nazionale indigena colombiana) durante l’ultimo anno sono stati uccisi 1253 indigeni, uno ogni 53 ore, e 54mila sono stati espulsi dalle loro terre ancestrali.
Contro l'esproprio delle terre, la rapina delle risorse, gli indigeni non solo colombiani si stanno battendo da decenni in America Latina. Una battaglia per la vita stessa delle popolazioni. Nella sola Colombia, diciotto dei 102 popoli indigeni ancora esistenti sono oggi a rischio di estinzione, dato che sono composti da meno di 200 abitanti ognuno. Come i Nasa ripetono spesso: “Un indigeno senza terra è un indigeno morto”.
Simone era andato nello Stato del Cauca il 12 ottobre scorso, si era fermato con gli indigeni una settimana. Aveva documentato la brutale azione delle Forze speciali della polizia Colombiana che aveva represso nel sangue le proteste dei Nasa, e per questo è stato minacciato: "Sronzo di merda, ti stai intrufolando dove non devi con troppa forza e verrai schiacciato. Sei coraggioso a buttare sassi e ad aggredire gli agenti dello stato di María e se vuoi diventare un martire con molto piacere soddisferemo il tuo desiderio. Prega, figlio di puttana".
Simone ha immediatamente avvisato i responsabili di Facebook della minaccia ricevuta, e subito la pagina del mittente è stata rimossa, ma l'identità di chi lo ha minacciato rimane ancora sconosciuta.

Simone Bruno ha trentasei anni, e in Colombia ha scelto di vivere. Lavora lì da cinque anni: "La Colombia - dice a proposito della minaccia ricevuta - evidentemente è ancora lontana dall'essere un paese che rispetta chi la pensa in modo differente. La minaccia è a me, ma diretta a colpire il movimento indigeno".
Questo il reportages da María-Piendamó, per il quale Simone è stato minacciato di morte.
 
Ringraziamo Simone per il lavoro che ha fatto, e lo ringraziamo insieme ai popoli indigeni per il coraggio e la passione che con il suo lavoro ogni giorno dimostra.

giovedì 20 novembre 2008

SCANDALI, VIOLENZE E RESISTENZA SOCIALE. LA COLOMBIA IN EBOLLIZIONE

Sul numero 81 di ADISTA del 22 novembre del 2008-11-20

34698. BOGOTÀ-ADISTA. Venti di protesta soffiano sul Paese più conservatore dell’America Latina, quella Colombia divenuta il più fedele alleato degli Stati Uniti nel subcontinente. La “Minga nazionale di resistenza indigena e popolare” (mobilitazione che ha preso avvio il 10 ottobre scorso, v. Adista n. 75/08) prosegue il suo cammino con rinnovato slancio, dopo il fallimentare incontro del 2 novembre a Cali con il presidente Álvaro Uribe. Rivendicando un dialogo “senza menzogne e senza minacce”, la Minga si dà nuovamente appuntamento “per le strade della Colombia”, puntando verso la capitale (a 500 chilometri di distanza da Cali), dove, come ha informato il Consiglio Regionale Indigeno del Cauca (Cric), si svolgerà “una grande e festosa mobilitazione sociale per ricordare al mondo che il dibattito tra Uribe e la Minga di Resistenza Sociale e Comunitaria è aperto” e che “il popolo colombiano esige risposte” che assicurino il rispetto dei diritti umani e dei fondamenti della Costituzione del 1991. Ad ogni tappa della marcia - rende noto la Onic (Organizzazione Nazionale Indigena della Colombia) - le comunità locali, insieme alle organizzazioni sociali, ai movimenti ecologisti e per la difesa dei diritti umani, ai sindacati, accolgono il popolo in cammino sotto lo sguardo vigile della guardia indigena e la guida spirituale dei medici tradizionali, attraverso rituali di liberazione e di purificazione del territorio.
Obiettivo della mobilitazione è, spiegano le organizzazioni indigene, “l’avvio di un percorso verso un nuovo Paese senza trattati di libero commercio, senza terrore di Stato, senza guerra”, “con una vera democrazia” che permetta a los de abajo, quelli che si trovano in basso, di esercitare collettivamente il diritto di decidere sulle sorti del proprio Paese, definendo un modello di sviluppo alternativo a quello simbolizzato dal Trattato di libero commercio con gli Stati Uniti. Proprio sul Tlc con la Colombia, peraltro, Bush sta giocando le sue ultime carte da presidente, al punto da arrivare a proporre ad Obama lo “scambio” di cui ha parlato tutta la stampa Usa: un piano di rilancio dell’economia e di aiuti all’industria dell’auto in crisi in cambio dell’approvazione del Tlc con la Colombia finora avversato dai democratici. Ma se l’approvazione dell’accordo di libero commercio è a rischio, non meno incerto è il futuro del Plan Colombia, il piano concepito nel 1999 dai presidenti Andrés Pastrana e Bill Clinton con il pretesto di combattere il narcotraffico, ma in realtà servito al governo colombiano per scatenare una guerra spietata contro le Farc: con la crisi finanziaria che ha travolto gli Stati Uniti, sarà difficile che l’amministrazione Obama possa garantire al Plan Colombia l’ingente supporto finanziario assicurato dal presidente Bush.
Prove di dialogo
E mentre i popoli indigeni marciano verso Bogotà, riprende forza all’interno della società civile colombiana l’idea di un dialogo pubblico tra le organizzazioni sociali e le Farc, al fine di raggiungere un accordo umanitario per la liberazione dei sequestrati nelle mani della guerriglia e dei guerriglieri nelle mani dello Stato e di facilitare per questa via una soluzione negoziata al conflitto. La proposta, contenuta in una lettera inviata l’11 settembre al segretariato delle Farc da un centinaio di personalità del mondo politico e culturale colombiano sotto la guida della senatrice Piedad Córdoba, è stata accolta positivamente dall’organizzazione guerrigliera che, in una lettera di risposta, ha assicurato una partecipazione al dialogo franca e convinta, “senza dogmatismi né settarismi”, riaffermando la propria disponibilità all’accordo umanitario.
Sul versante governativo, invece, grande impatto ha prodotto lo scandalo dei cosiddetti “falsos positivos”, come viene definito l’aumento vertiginoso di esecuzioni extragiudiziali commesse dai militari allo scopo di assicurarsi i premi e gli incentivi generosamente elargiti dal governo, nel quadro della politica di “sicurezza democratica”, per ogni perdita inflitta alla guerriglia o alle organizzazioni criminali. Una commissione interna delle forze armate ha infatti accertato il coinvolgimento di 27 militari, tra cui tre generali (tutti destituiti), nel sequestro e nell’assassinio di alcuni giovani della periferia di Bogotà, condotti in aree rurali e lì uccisi in falsi scontri con l’esercito, per poi essere registrati come componenti di gruppi criminali e sepolti in fosse comuni. Secondo un rapporto del “Coordinamento Colombia Europa Stati Uniti”, che riunisce Ong impegnate nella difesa dei diritti umani, dall’avvio della politica di sicurezza democratica nel giugno del 2002 fino al giugno del 2007, si sono registrati 955 casi di esecuzioni extragiudiziali, più 235 casi di sparizione, il 68% in più rispetto ai 5 anni precedenti. E sì che, nel giugno del 2007, Uribe, respingendo ogni ipotesi di collusione dell’esercito con gruppi paramilitari, aveva deplorato che “ogni volta che si infligge una perdita alla guerriglia, si mobilitano i suoi corifei nel Paese e all’estero per dire che si è trattato di un’esecuzione extragiudiziale”. (claudia fanti)

Adista Società Cooperativa a Responsabilità Limitata - via Acciaioli 7, 00186 Roma - P.I. 02139891002

lunedì 17 novembre 2008

"LA DIGNIDAD NO SE VENDE, CREA VIDA"


No podemos dejar pasar las diversas acciones que se realizan contra nuestra comunidad sin dejar constancia, sabemos que esto permitirá algún día poder juzgar a los victimarios por el terror que siembran diariamente:

- Hoy 16 de noviembre hacia las 8:30 a.m. el ejército entró al caserío de la Unión, lugar de nuestra comunidad, encerraron el caserío, miembros de la comunidad los abordaron y les preguntaron a que se debía ese accionar, el ejército contestó que venían a dar protección a una comisión del gobierno que venía a sacar las familias de la Esperanza, los miembros de la comunidad les dijeron que en la Esperanza estaban las familias de la comunidad y que allí las familias no se desplazarían que se les pedía que por favor se hicieran fuera del caserío se ubicaron a los alrededores y al salir dijeron que esa h.p. comunidad era guerrillera y que la tenían que acabar como fuera.

Una familia de la comunidad en la vereda la Esperanza llegó a la Unión y comentó que la comisión del gobierno había realizado censos de las familias. Hacia las 4 p.m. llegó a la Unión una comisión del gobierno encabezada por acción social y acompañada por ACNUR, allí miembros de la comunidad les dijeron a dicha comisión que exigían que ese censo fuera entregado que no se entendía por qué tenían que realizar dichos censos, se discutió con ellos, la persona de ACNUR decía que habían encontrado niños desnutridos en la Esperanza que eso si no lo decíamos en los comunicados que ocultábamos la realidad, ante esto, miembros de la comunidad le contestaron por qué no decían las causas de la desnutrición que eran fruto de los bloqueos de los paramilitares conjuntamente con el ejército, donde no dejaban pasar comida y acaban las cosechas y desplazaban que a ello si se quedaban callados. Después de ellos entregaron el censo y se marcharon.

En la Esperanza permanecen las familias de la comunidad mientras se han marchado seis familias desplazadas, así mismo familias de las veredas la Hoz y Rodozalí han salido desplazadas. Sólo se miente diciendo que han salido desplazadas por combates entre la Fuerza Pública y bandas, cuando esto es falso no existen enfrentamientos, los paramilitares siguen allí en Playa Larga, Nueva Antioquia con la fuerza publica.
Para estas comisiones ocultamos porque según ellos los niños están desnutridos, llevamos once años en desnutrición, en asesinatos, en desplazamientos, pero también vivimos en dignidad no nos hemos arrodillado a la lógica paramilitar, no dejamos nuestras tierras, durante estos once años, en desnutrición creamos vida y alternativas, nunca ha muerto ningún miembro por desnutrición han sido asesinados por el accionar terrorista de los actores armados fuerza pública-paramilitares y guerrilla. Los niños que han muerto han sido bajo las balas del ejército y de los paramilitares, seguimos sembrando y no ocultamos la realidad, por el contrario la hemos dicho siempre y la diremos, no cederemos a los bloqueos, a los desplazamientos, estos sembradores de muerte no saben de dignidad y por ello juzgan a la ligera, nos amenazan y distorsionan la realidad.

La construcción de la vida se hace diariamente y por ello desde San Josesito, desde la Unión, la Esperanza, Mulatos, Resbaloza, Naìn la vida seguirá floreciendo y mucha gente con ese sentido de dignidad seguirá caminando con nosotros creando un mundo distinto y alternativo.

COMUNIDAD DE PAZ DE SAN JOSE DE APARTADO
Noviembre 16 de 2008

mercoledì 12 novembre 2008

Indigeni colombiani: Atti di terrore e dolore che noi rifiutiamo


[11/11/2008] [] [Autore: Autorità Indigene del Nord del Cauca]

Reiteriamo quello che abbiamo affermato con parole e fatti: rifiutiamo le pallottole e la violenza armata DA QUALSIASI PARTE PROVENGA e per questo ci duole l’uccisione di persone in azioni di guerra. Per quanto rifiutiamo i maltrattamenti e denunciamo le violazioni dei nostri diritti da parte della Forza Pubblica, ci fa orrore la morte di soldati e agenti della forza pubblica avvenuta nel corso degli avvenimenti che qui denunciamo.

COMUNICATO RIVOLTO ALL’OPINIONE PUBBLICA NAZIONALE E INTERNAZIONALE. RIFIUTO DELLE AZIONI MILITARI NEI NOSTRI TERRITORI.

L’autorità ancestrale, comunità del Resguardo di Huellas-Caloto e l’associazone dei cabildos indigeni del Nord del Cauca ACIN, condannano fermamente i fatti verificatisi ieri, 10 novembre 2008 nella zona La Selva, luogo che si trova nella zona della proprietà terriera la Emperatriz dove sono morti 2 militari e altri sono stati feriti.
Il posizionamento di bombe esplosive da parte della guerriglia delle FARC rappresenta una chiara violazione del diritto internazionale umanitario e dei diritti fondamentali dei popoli, dal momento che questi esplosivi fatti detonare in mezzo alla popolazione civile mettono in grave pericolo di vita i bambini e gli abitanti di questo luogo dove noi comunità indigene viviamo.
Ripetiamo ciò che abbiamo affermato con parole e fatti: rifiutiamo le pallottole e la violenza armata, DA QUALSIASI PARTE PROVENGA e per questo ci duole l’uccisione di persone in azioni di guerra. Per quanto rifiutiamo i maltrattamenti e denunciamo le violazioni dei nostri diritti da parte della Forza Pubblica, ci fa orrore la morte di soldati e agenti della forza pubblica accaduta nel corso degli avvenimenti che qui denunciamo. Ci fanno orrore la morte e la sofferenza dei civili, che vengono coinvolti in modo perverso in una guerra crudele e spietata, però ci atterrisce anche il disprezzo per la vita da parte dei combattenti dell’una e dell’altra parte, perché sono esseri umani sottomessi ad una logica di distruzione che viene utilizzata in ultima istanza dal regime per sostenere i suoi argomenti con la guerra e con il terrore.
NON PIU’ TERRORE, NON PIU’ GUERRA, DA QUALSIASI PARTE PROVENGA! Ai familiari e agli amici delle vittime vanno le nostre sentite condoglianze e il nostro reiterato appello a resistere al regime di terrore attraverso la mobilitazione cosciente nella Minga dei Popoli per il Paese possibile e necessario.
Rifiutiamo il tentativo degli attori armati di coinvolgerci nel conflitto armato ed esigiamo da loro il rispetto delle nostre posizioni di autonomia, di resistenza civile, pacifica e disarmata, così come dei nostri territori ancestrali.
Rendiamo noto all’opinione pubblica che queste azioni non corrispondono, ma anzi contraddicono la posizione e le azioni della minga (assemblea) di resistenza sociale e comunitaria dei popoli e i rituali di Liberazione della Madre Terra che hanno luogo nelle comunità indigene, dal momento che le nostre esigenze hanno come principio l’azione non violenta e il rispetto della vita.
In questo modo si sta cercando ancora una volta di svilire la lotta indigena e come in molte occasioni abbiamo denunciato, si mira a delegittimare la nostra autorità tradizionale e il nostro processo organizzativo, tentando di rafforzare l’opzione armata al di sopra dell’agire del movimento sociale. E’ una situazione che viene ben utilizzata dal governo nazionale per giustificare il non adempimento degli accordi stipulati, come ha espresso ieri attraverso i mezzi di comunicazione il ministro dell’Agricoltura Andrés Felipe Arias, che ha affermato che a causa di queste azioni viene sospesa la consegna di terre agli indigeni.
In questo modo noi, le comunità indigene, veniamo nuovamente danneggiate perché continuiamo a essere vittime delle azioni sia degli attori armati che del governo nazionale. Nonostante ciò, persisteremo nella nostra resistenza, denunciando le sopraffazioni commesse da qualsiasi attore armato, proponendo a questo Paese una via d’uscita negoziata al conflitto sociale, politico e armato.
Chiediamo la smilitarizzazione dei nostri territori e continueremo a portare avanti la parola per la costruzione di un Paese più giusto.

CABILDO INDÍGENA DE HUELLAS CALOTO
ASOCIACIÓN DE CABILDOS INDÍGENAS DEL NORTE DEL CAUCA

martedì 11 novembre 2008

Serata di Solidarietà e raccolta fondi per emergenza uragani Gustav e Ike a Cuba

Sabato 22 Novembre 2008 ore 20.30 (in punto!!)

“ACHE’ PARA EL PUEBLO DE CUBA!!!”

C/o

Ristorante “El Primero”
Via Ostiense 875

Interverranno i maestri di folclore cubano Irma Castillo ed Ulises Mora
Parteciperà Roberta “Besito de Coco” con il DJ Angelino
Cena completa (disponibile anche menu vegetariano)
Bevande incluse
Euro 25


Per informazioni e prevendita:
Patrizia 347-4540977
Marco 339-4242915
Franco 333-2847308

Importante: chi è interessato al menù vegetariano lo deve dichiarare al momento della prevendita.
Ultimo giorno utile per la prevendita: 19 Novembre 2008.

Lettera al governo colombiano per sfollamento in Comunità di Pace di San Josè de Apartadò



Rete Italiana di Solidarietà con le Comunità di Pace Colombiane
Colombia Vive! Onlus


Narni, 10 de noviembre de 2008


Doctor
FRANCISCO SANTOS
Vicepresidente de Colombia
Palacio de Nariño, Carrera 8 n.7-26
Bogotà, Colomba
fax. 00 5714442158 – 00571 4442122/45
fsantos@presidencia.gov.co
buzon1@presidencia.gov.co


Respetuso saludo.

El pasado 7 de noviembre, en la vereda Playa Larga, corregimiento de Nueva Antioquia
50 paramilitares detuvieron al campesino JAIRO BERRIO ARANGO, perteneciente a la Comunidad de Paz de San Josè de Apartadò en la Zona Humanitaria de La Esperanza, a quien después de hacerlo desnudar, le pusieron un arma en la cabeza para quitarle la vida. Afortunadamente su padre se hizo presente en el lugar e implorò a este grupo armado ilegal no matar al joven campesino. Los paramilitares los dejaron ir, amenazando con quitarle la vida a JAIRO si lo volvían a ver nuevamente en la zona y les ordenaron comunicar a la Comunidad de Paz, que tenían una lista de 6 de sus miembros para asesinar. Ese dìa los paramilitares también mencionaron que estas acciones eran coordinadas con el Ejèrcito y que ahora estaban esperando que los militares se retiraran de la zona para no implicarlos en estos delitos. Despuès de conocer los hechos, cinco familias de la vereda La Esperanza, no pertenecientes a la Comunidad de Paz, abandonaron el territorio. En este momento se teme por la vida de los pobladores de esta Zona Humanitaria.

Son ya numerosas, señor Vicepresidente, las denuncias que la Comunidad de Paz de San Josè de Apartadò y una cantidad importante de organizaciones nacionales e internacionales, hemos formulado sobre la presencia històrica de una base paramilitar en el corregimiento de Nueva Antioquia, que al parecer, està hoy màs activa que nunca, dado el incremento de la actividad paramilitar en la zona.
Durante los últimos dos años La Comunidad de Paz ha organizado retornos de familias desplazadas a las veredas Mulatos (donde el último desplazamiento forzado fue generado por la terrible masacre de LUIS EDUARDO GUERRA y otros siete campesinos) y La Esperanza. Estas familias se ven hoy seriamente amenazadas por las fuerzas paramilitares que operan tranquilamente en este territorio. Solicitamos comedidamente al señor Vicepresidente, al Alcalde de Apartadò, a las comandantes de la Policìa y del Ejèrcito en Urabà, a la Fiscalìa, la Procuradurìa y la Defensorìa del Pueblo a nivel nacional y regional, que intervengan para determinar la existencia de posibles nexos de colaboración o tolerancia excesiva por parte de miembros de la Fuerza Pùblica con las formaciones paramilitares que siembran el terror en esta parte de Urabà; y para evitar la continuación del desplazamiento forzado de las familias de la Zona Humanitaria de La Esperanza y el anunciado asesinato de seis miembros de la Comunidad de Paz de San Josè de Apartadò. Seria inaudito que continuara el desplazamiento y se realizaran estos homicidios si ya las autoridades competentes tienen conocimiento de los hechos.

Agradecemos su gentil atención,

Atentamente,


Dr. Andrea Proietti
Presidente Rete Ialiana di Solidarietà Colombia Vive!


Con copia a:


Ministro del Interior y de Justicia, Dr, Fabio Valencia Cossio
Ministro de la Defensa, Dr. Juan Manuel Santos Calderòn
Director del Programa Presidencial de Derechos Humanos y DIH, Dr. Carlos Franco Echevarria
Fiscal General de la Naciòn, Dr. Mario Iguaràn
Procurador General de la Naciòn, Dr. Edgardo Josè Maya Villazòn
Defensor Nacional del Pueblo, Dr. Volmar Antonio Pèrez Ortiz
Director de la Policia Nacional, General Oscar Adolfo Naranjo Trujillo
Alcalde de Apartadò, Dr. Osvaldo Cuadrado
Comandante Brigada XVII, General Peña
Comadante Departamento Policia de Urabà, Coronel Murillo Meza
Defensor del Pueblo Seccional Urabà , Dr. Daniel Antonio Sastoque Coronado
Embajador, jefe de la Delegaciòn de la Comisiòn Europea para Colombia y Ecuador, Dr. Fernando Cardesa Garcia
Embajador de Colombia en Italia, Dr. Sabas Pretelt de la Vega
Embajador de Italia en Colombia, Dr. Gerolamo Schiavoni

domenica 9 novembre 2008

È INIZIATO UN SFOLLAMENTO FORZATO A LA ESPERANZA



Non è passata una settimana dall’attentato contro Jesús Emilio che già si intraprendono nuove azioni contro la nostra comunità, ponendoci in grave pericolo – in questo caso specifico le famiglie della frazione di La Esperanza. I fatti di cui vogliamo dare testimonianza sono i seguenti:

Il giorno 2 novembre alle 10 di mattina nella frazione di Playa Larga, a due ore da Nueva Antioquia e a 20 minuti da dove si trovano le famiglie della comunità, cinquanta paramilitari con armi lunghe, braccialetti delle Autodefensas e vestiti in tenuta mimetica hanno fermato Jairo Berrio Arango, che appartiene alla comunità e vive a La Esperanza, ed era di ritorno da Nueva Antioquia. Dopo averlo costretto a spogliarsi, gli hanno puntato una pistola alla testa con l’intento di ucciderlo, ma in quel momento è arrivato suo padre e li ha pregati di non farlo. I paramilitari hanno risposto che per ora non lo uccidevano, e che però se lo avessero trovato di nuovo da quelle parti lo avrebbero assassinato. I paramilitari gli hanno anche detto di riferire alla gente di quella comunità di pace di ‘figli di puttana’ che avevano in programma di uccidere 6 persone, e la cosa migliore era che tutti se ne andassero così a loro non sarebbe toccato ucciderli, dato che si stavano già accordando con l’esercito per organizzare la cosa e aspettavano solo che i militari si ritirassero dalla zona per non sporcarsi la mani com’è successo altre volte. Poi hanno detto a Jairo di vestirsi, e hanno ordinato a lui e a suo padre di allontanarsi. Questo avvenimento ha provocato l’evacuazione immediata da La Esperanza di cinque famiglie che non appartengono alla comunità, e mette in grave situazione di pericolo le restanti famiglie.

Vogliamo che il mondo sappia che l’unico responsabile di questo massacro preannunciato e di tutte queste azioni contro di noi è lo Stato che, per quanto sia stato da noi informato sulla situazione ormai da settimane, non fa assolutamente nulla. I paramilitari è da anni che si mantengono nelle stesse zone in cui è presente la Forza Pubblica, convivendo in assoluta complicità, e non viene preso alcun provvedimento.

Molte persone camminano al nostro fianco in diverse parti del mondo, sappiamo che ci daranno la forza nei momenti difficili, crediamo e sappiamo che la costruzione e la difesa della vita non può lasciare spazio alla morte, per questa ragione siamo decisi a camminare per i sentieri della costruzione quotidiana della pace a partire da opzioni reali di dignità e non cederemo alla logica dei carnefici.

Comunità di Pace di San José de Apartadó

8 novembre 2008
--
Comunidad de Paz de San José de Apartadó
http://www.cdpsanjose.org

sabato 8 novembre 2008

A GAZA SI MUORE DI ASSEDIO

di LUISA MORGANTINI*

PUBBLICATO DA LEFT 7 NOVEMBRE 2008

DECINE DI CASI DI RIFIUTO DELLE NECESSARIE AUTORIZZAZIONI DA PARTE DELLE AUTORITA' ISRAELIANE STANNO CAUSANDO CENTINAIA DI MORTI. I MEDICINALI CHE NON ARRIVANO, IL TRASPORTO DEI MALATI NEGATO.

LA DENUNCIA DEI MOVIMENTI

Sono 255 i malati di Gaza morti dal giugno del 2007 perché non hanno ottenuto dalle autorità israeliane il permesso di uscire e farsi curare altrove, mentre le chiusure impediscono agli ospedali della Striscia di rifornirsi anche delle più basilari medicine.

L'ultimo, Ahmed Al-Shafey, un anziano di 76 anni, deceduto lo scorso 28 ottobre per un'infezione renale: per motivi di sicurezza le autorità israeliane non l'hanno fatto uscire da Gaza. Come la piccola Hani, tre anni, morta il 14 ottobre perché la proteina necessaria per il nutrimento del suo cervello e di cui era carente a Gaza non si trovava: anche per lei nessun permesso e la sua vita è stata stroncata. Il 35% di questi decessi riguarda i bambini, morti senza un atto né una parola spesi dalla comunità internazionale per denunciare la punizione collettiva del milione e mezzo di civili della Striscia, per pretendere da Israele il rispetto dei diritti e della dignità umani e l'obbligo di conformarsi alla legalità internazionale.

Eppure da tempo organizzazioni palestinesi, israeliane e internazionali, Unrwa, Croce Rossa Internazionale, Physician for Human Rights, Amnesty International, Bet'selem e altre denunciano la crisi umanitaria senza precedenti a Gaza, le responsabilità dell'assedio israeliano che non permette il libero movimento delle persone e delle merci. Il 95% delle imprese sono chiuse.

In questi giorni abbiamo visto SS Dignity, la seconda nave di attivisti palestinesi e internazionali organizzata dal movimento Free Gaza arrivare nella Striscia con mezza tonnellata di medicinali e altri aiuti umanitari, nulla rispetto ai bisogni, ma molto a livello simbolico per rompere l'isolamento e la prigione a cielo aperto in cui vive la popolazione di Gaza.

Quando non esiste più il diritto di accesso alle cure sanitarie, il diritto ad una vita dignitosa, il diritto alla sicurezza e nemmeno il diritto all'infanzia, allora rimane solo la vergogna, quella di chi è responsabile di questa situazione immorale: le autorità israeliane in primis ma anche il silenzio complice della comunità internazionale, perché sarà anche colpa nostra se Jihad, 12 anni, nei prossimi mesi dovesse morire. A lui circa un anno fa è stata diagnosticata una grave leucemia che non può essere curata a Gaza. Il bambino ha ottenuto il permesso di andare in Israele per fare la chemioterapia a patto di ritornare nella Striscia dopo ogni trattamento. Nonostante le forti nausee derivanti dalla terapia e sebbene il medico abbia confermato l'alto rischio di viaggi ricorrenti e ricordato la necessità di un ambiente sterile in cui il ragazzo dovrebbe vivere, le autorità israeliane si rifiutano di dargli il permesso di rimanere in ospedale. Con la paura costante che il figlio muoia nel tragitto tra l'ospedale e la casa, la madre di Jihad è disperata: non può neanche lontanamente concepire come una situazione politica possa mettere a rischio la vita di suo figlio. E perché poi dovrebbe farlo?

Secondo diversi studi -gli stessi che sono stati al centro della Conferenza internazionale sull'impatto dell'assedio sulla salute menale organizzata il 27 e 28 ottobre dal Gaza Community Health Program in collaborazione con l'Organizzazione Mondiale della Sanità- ansie, fobie, disordini ossessivi e compulsivi colpiscono in modo devastante le donne palestinesi della Striscia mentre oltre il 90% dei Palestinesi si sente rinchiuso in una prigione, con frustrazioni e ansie crescenti per la paura di non poter ricevere cure mediche, di non trovare medicine per i propri figli e non ottenere il permesso di farli curare all'estero, mettendo a rischio le loro vite. Di questo hanno discusso centinaia di esperti ed accademici internazionali accorsi per la Conferenza che, essa stessa sotto assedio, alla fine si è svolta a Ramallah, dato che le Autorità israeliane hanno negato agli internazionali i permessi di raggiungere Gaza.

Ovviamente i minori sono i più esposti: nella Striscia dove il tasso di disoccupazione è al 45% e il 55% delle famiglie vive al di sotto della soglia della povertà, dove dal 2000 il numero di pazienti che hanno ricevuto cure dai centri per la salute mentale è aumentato del 38%(dati OMS) e dove i minori hanno un'esperienza diretta e devastante di morte e violenza, come possono i bambini avere fiducia nel loro futuro?

Di disagi e tragedie parlano le storie raccolte dal GCMHP: Eisa, 14 anni, vive con i suoi genitori e 12 fratelli a Beit Lahia, nel Nord della Striscia. Il 4 gennaio 2005, giocava in un campo di fragole, un missile israeliano l'ha gravemente ferito e le sue gambe sono state amputate. Ora Eisa si muove su una sedia a rotelle, non vuole accettare l'incidente, è sempre nervoso, grida, picchia e tormenta i fratelli minori. A casa distrugge tutto, specialmente ciò che si muove, perché non vuole vedere niente capace di muoversi visto che lui ora può farlo solo con la sua sedia a rotelle, e spesso tenta di rompere anche quella.

Huda, invece, ha 11 anni, anche lei vive a Beit Lahia e di anni ne aveva solo 7 quando un missile israeliano caduto sulla spiaggia le ha portato via di colpo quasi tutta la famiglia: il padre, la suocera, le sorelle di 24, quattro e un anno e mezzo e anche il fratellino di quattro mesi. Stava nuotando Huda: poi il fuoco, la morte e le sue foto che hanno fatto il giro del mondo. Il GCMHP ha raccolto la sua storia a distanza di anni: la bambina soffre di continui flashback e incubi, ha le immagini terribili di quei corpi straziati davanti agli occhi. E' terrorizzata dal mare e dalla spiaggia, evita ogni oggetto le ricordi la tragedia, dorme con difficoltà, ha frequenti mal di testa e poca concentrazione. Difficile per lei costruire un altro futuro possibile.

Per Eyad El-Sarraj, coordinatore del Gaza Mental Health Programme, "la situazione della salute mentale a Gaza è davvero grave e si teme per le future generazioni di bambini che sono stati cresciuti fino ad oggi in un tale ambiente di privazioni, sfiducia e mancanza di speranza".

Una testimonianza in più quella di Tala, 10 anni di Gaza city. Il suo racconto inizia con gli incidenti che la bambina ha vissuto personalmente nel luglio del 2007 quando "in un giorno pieno di paura e di panico, sono scoppiati gli scontri tra Fatah e Hamas; gli spari sono aumentati; tutti erano spaventati, la paura era veramente tremenda; mi sono attaccata a mia madre e pregavamo per i miei nonni il cui appartamento è stato bombardato da un missile". Il corpo le tremava e Tala voleva gridare: "Basta, voi siete un unico popolo, fratelli e amici, è orribile quello che state facendo: fermatevi!". Ora Tala a volte sogna di scappare via "lontano nello spazio e di vivere nel più distante dei pianeti, Pluto, fino alla fine del conflitto. Ma la violenza potrebbe durare a lungo e nel frattempo io potrei essere congelata e morta".

Di questo porta responsabilità anche la leadership palestinese con le divisioni territoriali e politiche tra la West Bank e Gaza e la scelta di Hamas di azioni suicide ed omicide contro la popolazione civile israeliana, che hanno influito sull'isolamento di Gaza anche se oggi, e mi auguro si mantenga, vi e una tregua che Hamas sta rispettando.

E noi movimenti, partiti dove siamo? Dopo 60 di diaspora,dopo più di 40 anni di occupazione militare non siamo ancora riusciti a far si che i nostri governi, che le Nazioni Unite mettano in pratica le risoluzioni che votano: la fine dell'occupazione militare israeliana ed uno Stato per i Palestinesi sui Territori occupati nel 1967. Ma intanto mobilitiamoci per fermare l'assedio di Gaza (www.gcmhp.net).

*Vice Presidente del Parlamento Europeo

lunedì 3 novembre 2008

Lettera al Presidente della Colombia per tentato omicidio contro leader della Comunità di Pace di San Josè de Apartadò



Rete Italiana di Solidarietà con le Comunità di Pace Colombiane
Colombia Vive! Onlus


Narni, noviembre 3 de 2008



Doctor
ALVARO URIBE VELEZ
Presidente de Colombia
Palacio de Nariño, Carrera 8 n.7-26
Bogotà, Colomba
Fax 00 571 5662071 – 0057 1 3375890 - 00571 342 05 92
auribe@presidencia.gov.co

Respetuoso saludo.

Con la presente expresamos al señor Presidente nuestra gran preocupaciòn por el incremento de las amenazas que en contra de la Comunidad de Paz de San Josè de Apartadò, han sido repetidamente formuladas por militares y paramilitares. Estas amenazas fueron casi cumplidas el pasado 1 de noviembre, cuando en horas de la tarde, dos paramilitares quisieron asesinar al representante legal de esta Comunidad de Paz JESUS EMILIO TUBERQUIA, quien se encontraba en la puerta de un internet point en la ciudad de Apartadò. Afortunadamente la ràpida reacciòn del lìder campesino , le permitiò empujar al hombre que empuñaba el arma de fuego y esconderse en el lugar.

El atentado contra JESUS EMILIO està precedido de una larga lista de acciones intimidatorias que durante el mes de octubre han sido publicamente denunciadas por esta comunidad campesina. Se relacionan en las denuncias hechos como: los oscuros planes del General Rito Alejo del Rio y el exministro Fernando Londoño para judicializar por medio de montajes al padre Javier Giraldo (y a otros defensores de los derechos humanos), acompañante de la Comunidad de Paz; la presencia amenazante de màs de 200 paramilitares en la vereda El Porvenir, cercana a la vereda La Uniòn, perteneciente a la Comunidad de Paz; la distribuciòn de panfletos que anunciaban la “retoma” paramilitar de Urabà; la presencia desde las 8:00 – 14:30 del dìa 15 de octubre de tres paramilitares en el sitio donde diariamente se ubican agentes de la Policia en el Barrio Mongolo de Apartadò, casualmente los representantes de la fuerza pùblica no se encontraban en el lugar; ese mismo dìa miembros del Ejèrcito anunciaron a los pobladores que pasaban por el retèn movil de la vereda La Balsa, que los paramilitares seguian actuando en la regiòn y cometerian su pròxima masacre contra miembros de la Comunidad de Paz; el 17 de octubre dos paramilitares armados detuvieron en La Balsa, a 100 metros del retèn militar, a un jeep de servicio pùblico y pronosticaron una pròxima masacre contra la Comunidad de Paz; igualmente en la vereda El Porvenir, los paramiltares han lanzado amenazas similares contra esta misma Comunidad; el 28y29 de octubre el Ejèrcito hizo presencia en las casas y la escuela de la vereda La Esperanza, impidiendo el desarrollo de las clases y poniendo en grave riesgo a la poblaciòn civil, ante la solicitud de que tomaran la distancia debida del establecimiento educativo, acusaron a la Comunidad de Paz de guerrillera y anunciaron su exterminio; se han realizado asi mismo, empadronamientos ilegales y amenazas paramiltares que tienen como propòsito generar el desplazamiento forzado de los pobladores de la Zona Humanitaria de La Esperanza.

Desde hace varios años señor Presidente, se denuncia a nivel nacional e internacional, la presencia de una base paramilitar en el corregimiento de Nueva Antioquia, todo el mundo sabe que estàn allì pero nadie hace nada para neutralizarlos. Estos paramilitares estàn sembrando nuevamente el terror en la zona de influencia de la Comunidad de Paz de San Josè de Apartadò.

Como puede ver, se verifican de nuevo ataques directos contra lìderes de la Comunidad de Paz, que como usted bien sabe, gozan de protecciòn especial por parte de la Corte Interamericana de Derechos Humanos. Nos preocupa señor Presidente que persista la excesiva tolerancia del accionar criminal de los paramilitares por parte de la Fuerza Pùblica. Ya en pasado se han registrado incluso
acciones conjuntas en las que militares y paramilitares han perpetrado masacres de miembros de esta experiencia de construcciòn de paz desde la base, como puede constatarse con el cobarde asesinato colectivo del 21 de febrero de 2005, en el que perdieron la vida 8 campesinos y campesinas entre quienes se encontraba el lìder LUIS EDUARDO GUERRA y tres niños de 2, 6 y 11 años de edad. Por favor señor Presidente Uribe, por favor autoridades de control, por favor ministros, por favor comandantes de las diferentes fuerzas, ustedes pueden evitar que se sigan perpetrando homicidios y masacres contra la Comunidad de Paz de San Josè de Apartadò, la cual lejos de representar una amenaza para el Estado, se ha configurado como un ejemplo extraordinario de protecciòn de la poblaciòn civil, de prevenciòn del desplazamiento forzado, de pràctica y difusiòn de la noviolencia, de economìa comunitaria, de armonìa con el medio ambiente y de dignidad.

Seguiremos con atenciòn las medidas que el gobierno colombiano tome para identificar y sansionar a quienes desde esferas legales e ilegales, estigmatizan, amenazan y asesinan a los hombres y mujeres que componen la Comunidad de Paz de San Josè de Apartadò. Igualmente reiteramos a nuestos amigos y amigas de la Comunidad de Paz nuestro apoyo y admiraciòn y reafirmamos nuestro compromiso para continuar difundiendo entre las autoridades, instituciones y sociedad civil europea, la resistencia noviolenta a la guerra, el proyecto de vida y las agresiones de que sigan siendo vìctimas.

Agradecemos al señor Presidente su amable atenciòn.

Atentamente,

Dr. Andrea Proietti Presidente Rete Ialiana di Solidarietà Colombia Vive!

Con copia a:
Vicepresidente de Colombia, Dr. Francisco Santos
Ministro del Interior y de Justicia, Dr, Fabio Valencia Cossio
Ministro de la Defensa, Dr. Juan Manuel Santos Calderòn
Director del Programa Presidencial de Derechos Humanos y DIH, Dr. Carlos Franco Echevarria
Fiscal General de la Naciòn, Dr. Mario Iguaràn
Procurador General de la Naciòn, Dr. Edgardo Josè Maya Villazòn
Defensor Nacional del Pueblo, Dr. Volmar Antonio Pèrez Ortiz
Director de la Policia Nacional, General Oscar Adolfo Naranjo Trujillo
Alcalde de Apartadò, Dr. Osvaldo Cuadrado
Comandante Brigada XVII, General Peña
Comadante Departamento Policia de Urabà, Coronel Murillo Meza
Defensor del Pueblo Seccional Urabà , Dr. Daniel Antonio Sastoque Coronado
Embajador, jefe de la Delegaciòn de la Comisiòn Europea para Colombia y Ecuador, Dr. Fernando Cardesa Garcia
Embajador de Colombia en Italia, Dr. Sabas Pretelt de la Vega
Embajador de Italia en Colombia, Dr. Gerolamo Schiavoni

domenica 2 novembre 2008

Attentano al rappresentante legale della Comunità di Pace di San Josè de Apartadò



Non possiamo fare altro che raccontare con sentimenti di rabbia e di impotenza, come un Stato perseveri nella sua azione di sterminio contro il nostro processo; l'impossibilità di poter fare qualcosa di fronte a quello che ci viene annunciato è quasi totale, l’unica cosa a cui possiamo fare ricorso è la memoria, è la testimonianza storica, affinché un giorno il sentimento di umanità presente in molte parti del mondo possa giudicare tutto questo terrore.

- Oggi sabato 1 novembre alle 2:30 p.m. nel quartiere Ortiz di Apartadó, Jesus Emilio TUBERQUA, rappresentante legale della comunità, è stato vittima di un attentato commesso da paramilitari sollecitati dalla forza pubblica. Jesús Emilio si trovava sulla porta di un caffè internet quando fu avvicinato da due uomini vestiti con abiti civili e riconosciuti paramilitari, uno di loro ha tirato fuori un arma corta ed ha puntato alla sua testa dicendo”Ti ammazziamo”. Immediatamente Jesús Emilio gli ha preso la mano nella quale il paramilitare teneva l'arma riuscendo a spingerlo via e così ha potuto entrare dentro il café internet, dove si trovava una persona della Comunità di Tamera ( comunità gemellata con la Comunità di Pace, che si trova in Portogallo) , e lì è riuscito a nascondersi. Mentre Jesús Emilio correva, nel tentativo di divincolarsi, gli è caduto lo zaino che conteneva documenti e carte della comunità, i suoi documenti personali, il denaro della comunità ed il cellulare; i paramilitari hanno cercato Jesús Emilio senza riuscire a trovarlo, così hanno raccolto lo zaino e sono andati via. Alcuni mesi fa, come abbiamo già denunciato pubblicamente, Jesús Emilio è stato vittima di varie minacce da parte dei paramilitari e militari, così come vari membri della comunità.

Chiediamo la solidarietà nazionale ed internazionale davanti a questo fatto che è un chiaro attentato contro la nostra comunità da parte del paramilitarismo e dello Stato che agisce insieme a loro. Siamo consapevoli del rischio che corre ogni membro della nostra comunità poiché coloro che seminano la morte cercano di sterminarci, ma crediamo nella vita e questa non potrà spegnersi quando si cammina lungo sentieri di pace, costruendo comportamenti alternativi come quelli che realizziamo ogni giorno

COMUNITÀ DI PACE DI SAN JOSÉ DI APARTATO
Novembre 1 di 2008

sabato 1 novembre 2008

I PARAMILITARI CI MINACCIANO CON UN NUOVO MASSACRO


Ci appelliamo nuovamente alla solidarietà nazionale e internazionale allo scopo di unire le voci contro le azioni di morte dalle quali siamo minacciati. Vogliamo rendere noti all'umanità i seguenti fatti:

 Il 30 ottobre, verso le 11,00 del mattino, alcuni paramilitari che si trovavano a Nuova Antiochia hanno fermato tre persone, una della comunità “Playa Larga” e due della comunità “Esperanza”, intimando loro di recare un messaggio alla Comunità di Pace guerrigliera figlia di puttana. Gli abitanti della frazione “La Esperanza” dovevano spostarsi immediatamente se non volevano essere uccisi poiché i paramilitari avevano una lista di 6 persone da uccidere e, tra queste, alcune appartenevano proprio a questa comunità La Esperanza. Di conseguenza, era meglio che la comunità La Esperanza abbandonasse l'area e, per evitare di perpetrare una carneficina, i paramilitari hanno esortato le tre persone a recare un messaggio molto chiaro alla comunità. Dopodiché le hanno lasciate andare.

 il 28 e il 29 ottobre i militari sono rimasti per l'intera giornata nella comunità “Esperanza”, nelle case e nella scuola, impedendo ai bambini della comunità di seguire le lezioni e mettendo in grave pericolo la popolazione civile. Alla richiesta di abbandonare la scuola, i militari hanno risposto che la Comunità di Pace era un covo di guerriglieri c per questo motivo doveva essere sterminata.

 Il 25 ottobre, alle 2,30 del pomeriggio, un membro della comunità è stato fermato da due uomini in borghese armati di armi corte. Dopo averlo fotografato, i due uomini hanno detto “guerrigliero, stai portando danno al nostro paese”; dopodiché si sono allontanati correndo e sono montati su un furgone verde privo di targa.

 Il 20 ottobre sei membri della comunità sono stati censiti (tale azione è costituzionalmente illegale) da membri dell'esercito nella zona di Frasquillo del comune di “Tierra Alta”. I sei membri della comunità stavano andando a Naìn, una località della comunità dove si trovano 22 famiglie, nei pressi della frazione “La Resbaloza”. Lì si è svolto un incontro con la comunità e con la scuola alternativa ora in funzione. Le sei persone erano accompagnate dalla ONG svizzera “Cocina sin Fronteras”.


Tutti questi fatti dimostrano chiaramente la presenza di un piano concepito per generare terrore e sterminio ai danni della nostra comunità. A Nuova Antiochia i paramilitari sono coperti dalle forze dell'ordine: in questo modo essi sono liberi di circolare per le strade senza che le forze dell'ordine facciano nulla. All'inizio del 2005, militari e paramilitari hanno preannunciato che ci avrebbero sterminato e che avrebbero perpetrato un massacro. E così hanno fatto, uccidendo 8 perone. Oggi, di nuovo, gli stessi protagonisti della morte e del terrore ci preannunciano il nostro sterminio. Ciononostante, come abbiamo fatto tre anni fa, proseguiamo, più decisi che mai, nella nostra ricerca alternativa e, malgrado le azioni di sterminio di cui siamo vittime, non retrocederemo di fronte alla marcia della violenza poiché crediamo nella vita costruita attraverso azioni di pace concrete e quotidiane.

 COMUNIDAD DE PAZ DE SAN JOSE DE APARTADO
31 Ottobre 2008