mercoledì 12 dicembre 2007

Colombia è anche nonviolenza


di Luca Ferrari mercoledì 12 dicembre 2007

Da oltre quaranta anni, in Colombia, si combatte una guerra silenziosa. Un conflitto che in pochi si scomodano di raccontare.
Uno scontro anche figlio di quel tanto decantato Illuminismo europeo che faceva proseliti nei salotti borghesi con paroloni come uguaglianza e diritti, ma che si permetteva il lusso di ignorare quello che succedeva al di là dell’oceano per mano dei propri connazionali.

La grande rivoluzione “ideologica” europea di fatto ha chiuso gli occhi. Si è tappata le orecchie per non sentire il grido disperato di molti popoli sfruttati.

La Colombia è uno di questi. Oggi invece, nella visione mondiale, lo stato sudamericano è la patria del narcotraffico. E sono in pochi quelli che sanno che Colombia significa anche nonviolenza.

E sono sempre meno quelli che si sono presi la briga di venire a conoscenza che la Comunità di Pace di S. Josè de Apartadò, situata nel Municipio di Apartadó, dipartimento di Antioquia (nord ovest della Colombia), ha sposato la pratica ghandiana e della neutralità.

I contadini di questa zona, considerata molto strategica per la vicinanza con la frontiera di Panama e appetibile per la ricchezza del sottosuolo, sono vessati tanto dai paramilitari governativi quanto dai loro nemici, i guerriglieri delle FARC (Fuerzas Armadas Rivolucionarias de Colombia).

Grazie anche all’aiuto della Chiesa Cattolica e di alcune ONG, la realtà di Apartadò, si è trasformata in Comunità di Pace il 23 marzo 1997, con tanto di dichiarazione costitutiva firmata.

Per difendere la propria vita e il proprio territorio, i campesini hanno dunque deciso di non reagire con la violenza alla violenza. Una scelta questa però, mal tollerata dalle due fazioni in armi, che a turno, li accusano di essere collaborazionisti.

È sufficiente una parentela (anche lontana) con un guerrigliero o un paramilitare, che può far scattare un’azione militare. Alle volte limitata alla distruzione di un raccolto o al saccheggio viveri.

La situazione può anche degenerare in minacce, vessazioni, rapimenti e, in casi estremi (ma non troppo sporadici), anche all’omicidio (spesso impunito).

A fare chiarezza sulla situazione, l’incontro I Principi rivoluzionari della lotta nonviolenta: dalla Disobbedienza civile di Gandhi dell'11 Settembre 1906 alla coraggiosa resistenza della comunità di pace di S. Josè de Apartadò.

L’evento è stato organizzato dal Corso di Laurea in “Operazioni di Pace, Gestione e Mediazione dei Conflitti” di Firenze, la Rete Italiana di Solidarietà con le Comunità di Pace Colombiane Colombia Vive! Onlus e con la collaborazione del Movimento Umanista (sezione di Firenze).

Nella giornata odierna dunque, a partire dalle h. 17, presso il Polo Universitario di Novoli (via delle Pandette - aula 1.10 Edificio D5) di Firenze, si parlerà di nonviolenza e resistenza. Ma non solo.

Troverà spazio anche il conflitto armato e la violazione dei diritti umani in Colombia; la lotta non violenta, resistenza e difesa civile.

Ci sarà la presentazione del libro Sembrando Vida y Dignidad (ediz.Centro Gandhi di Pisa-Quaderni Satya Graha) con annessa proiezione del documentario sui primi 10 anni di resistenza della C.d.P. di S. Josè Creer, no Querer, per la regia di Stefano Casella.

Apriranno il dibattito Cristiana e Valentina Innocenti del Movimento Umanista (sezione fiorentina). La prima presenterà il Movimento spiegando le sue modalità d’azione e d’intervento attraverso la nonviolenza e mediante campagne di diffusione del messaggio di Gandhi, Martin Luther King e Silo (fondatore del movimento).

Poi Valentina leggerà un brano tratto dal Paesaggio Umano del libro Umanizzare la Terra di Silo, per dare un’ispirazione (anche poetica) all'azione nonviolenta.

La parola a quel punto sarà data a Ruben Pardo,coordinatore della Rete Italiana di Solidarietà ColombiaVive!), Pierpaolo Calonaci (redazione dei Quaderni Satya Graha) e Alessandra Putzu ed Elena Geroni (delegate internazionali in S. Josè de Apartadò missione marzo 2007).

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