venerdì 22 febbraio 2008

Lettera la Presidente Uribe ( versione italiano )

Oggetto: Tre anni dopo il massacro, la vita vince la morte e le famiglie ritornano a Mulatos.

Signor Presidente:

Oggi, molte organizzazioni e istituzioni internazionali solidarizzano con la Comunità di Pace di San José de Apartadò e con le organizzazioni della società civile colombiana che non si arrendono alla guerra, alla violenza e chi chiedono con forza Verità, Giustizia e Riparazione. Allo stesso modo, insieme ai familiari dei sequestrati rivendichiamo, al Governo colombiano, la volontà perché si realizzi l’Accordo Umanitario in favore delle libertà dei sequestrati dalle FARC.

Durante questi tre anni con maggiore intensità abbiamo avuto uno scambio di lettere conil Vicepresidente Francisco Santos, con il dr. Carlos Farnco direttore del Programma presidenziale per i Diritti Umani ed il Diritto Umanitario Internazionale, il tenente Colonnello Marco Tulio Avendaño Lara, comandante del Dipartimento di Polizia di Urabà; la Fiscalia, la Defensoria e la Procuraduria generale della nazione, perché non ostante Lei affermi il contrario, dopo il massacro e dopo l’imposizione del posto di Polizia a San José, le violenze, i soprusi, le umiliazioni, le minacce contro i membri della Comunità di Pace di San José de Apartadò si sono presentate quotidianamente.

E non solo a loro. Ugualmente Le ricordiamo, - nominiamo qui solo le Comunità con le quali stiamo più vicini - , che gli afrodiscendenti del Jiguamiandò, Curvaradò, Cacarica, gli indigeni del Cauca, che consideriamo tutti come fratelli e certamente come nostri cittadini, sono quotidianamente attaccati nella loro dignità.

Nonostante l’impegno che gli alti funzionari del Governo colombiano hanno manifestato nelle loro lettere, per garantire la giustizia ed una condizione degna di vita agli abitanti e ai membri, tanto della Comunità di Pace di San José de Apartadò, come a quelli del Jiguamiandò y Curvaradò e, in attesa dei risultati degli sviluppi delle investigazioni avviate per gli omicidi e le molteplici violazioni ai diritti umani, lamentiamo che continuano le violazioni dei paramilitari, che si identificano come Aguilas negras, e dei militari che sorvegliano e vigilano nelle zone delle suddette comunità.

Gli otto morti del massacro del 21 febbraio 2005, tra loro tre bambini e una minore, Arlen Salas de la Zona Humanitaria di Arenas Altas, Edilberto Vasquez della stessa zona umanitaria, Nelly Johana Durango, Farncisco Puerta continuano ad aspettare giustizia. A loro si uniscono dolorosamente gli omicidi di Dairo Torres, Alfonso De Jesus Bedoya, Hector Jaime Orozco, il signor Alfonso Usuga e l’omicidio della signora Maria Margarita Giraldo Usuga di 48 anni, madre di tre figli, torturata e assassinata dopo essere stata detenuta da membri dell’Esercito.
Molto dolore ci ha provocato la terribile notizia del venerdì 23 novembre 2007, alle 7 del mattino nella frazione di Arenas Altas. Membri dell’ Esercito hanno fermato Efren Espinoza Goes, un bambino di 10 anni della Comunità di Pace di San José de Apartadò, lo hanno colpito per 15 minuti, con pugni alla testa, schiaffi, lo gettarono al suolo e gli dissero che lo avrebbero ammazzato se non diceva dove stava la guerriglia. Gli passarono un coltello tra le dita e gli dissero che gliele avrebbero tagliate così non avrebbe potuto sparare e non poteva essere più un piccolo guerrigliero. Le dissero ancora che la prossima volta lo avrebbero ammazzato e poi lo lasciarono libero. Questi fatti sono avvenuti proprio quando in tutto il mondo si celebrava il giorno dei Diritti del Bambino e dell’Infanzia. Il bambino è rimasta molti giorni con il volto e la testa gonfi dopo le torture ricevute dall’Esercito. Vorremmo sapere, Signor Presidente, se i militari responsabili di tanto orrore sono legalmente processati per l’imperio della legge, che Lei così tanto difende.
Vorremmo informarci anche sul caso di Lorenzo Largo Dagua, guardia indígena, originario del resguardo de Tacueyó, municipio de Toribío, che è morto dopo vari giorni che si trovava in terapia intensiva dopo essere stato ferito da un colpo d’arma da fuoco sparato dall’ESMAD, nella via Caloto – Corinto il 29 di novembre del 2007, mentre le Comunità Indigene del Nord del Cauca realizzavano azioni di Liberazione della Madre Terra.

Allo stesso modo, siamo preoccupati per la notizia arrivata da pochi giorni. Ligia Maria Chaverra y Manuel Denis Blandon del Consejos Comunitarios del Jigumiandò e Curvaradò sono stati oggetto di un piano sviluppato da un impresario per essere uccisi. Manuel Denis Blandon fu nostro ospite nella ONU dei POPOLI del 2003 e del 2° forum internazionale Colombia Vive.

Condividiamo, come Lei ben sa, le stesse preoccupazioni della Delegazione europea che è stata il Colombia in visita ufficiale nella prima settimana di febbraio. La stessa che si è riunita con lei il 5 febbraio. In questa riunione l’Europarlamentare Vittorio Agnoletto le ha esposto il caso di Sna José de Apartadò, questione che segue a livello europeo ormai da molto tempo. La stessa delegazione si è riunita anche con il dr. Mario Iguaran, Fiscal General de la Nacion e con il Procurador dr. Edgardo Maria Villazòn. Il Fiscal ha espresso positivamente il suo interesse ed il suo impegno per recuperare una relazione di fiducia con la Comunità., alla luce di tutte le omissioni e l’impunità da parte della giustizia colombiana. Da parte sua, il dr. Maya Villazon ha comunicato a buona notizia che non saranno più i tribunali militari a giudicar ei crimini commessi da membri dell’Esercito Nazionale. Desidereremmo, se è possibile, maggiori informazioni su questo punto.

A proposito dei Tribunali Militari e Civili, le saremmo grati se volesse informarci sul processo che si sta realizzando ai 69 militari della Brigata XVII investigati dal 22 febbraio 2007 e sul processo al capitano Guillermo Armando Gordillo iniziato il 22 novembre 2007, per le rispettive presunte responsabilità negli atti inumani realizzati contro contadini civili, tre anni fa.

Ci fa piacere, inoltre, informarla che in questi giorni si trova in Colombia una delegazione internazionale organizzata dalla nostra Rete Italiana di Solidarietà, per accompagnare il ritorno di alcune famiglie sfollate alla Zona Hmanitaria Mulatos, uno dei luoghi del massacro del 2005. Questo atto è una conferma della Vita sulla Morte che ci riempie di allegria e contribuisce a disegnare un pezzetto in più di quella, che oggi, chiamiamo la Geografia della Speranza in Colombia, portata avanti da valorosi cittadini e cittadine colombiane.
Per riaffermare il nostro proposito di continuare ad accompagnare questi valenti processi di costruzione di pace dal basso, ci uniamo oggi a centinaia di persone che in diverse città del mondo si pronunciano contro la guerra, contro l’impunità e per la pace in Colombia. Per questo, abbiamo organizzato la manifestazione di oggi di fronte all’Ambasciata di Colombia a Roma, durante la quale abbiamo consegnato al Signor Ambasciatore Sabas Pretelt questa comunicazione per Lei.
Con la nostra solidarietà speriamo di aumentare la protezione internazionale ai processi di pace e ai contadini e contadine, indigeni e afrodiscendenti che li realizzano, convinti che la fine del conflitto armato colombiano può scaturire solo dalla volontà di un dialogo politico che vada verso l’Accordo Umanitario; nel rispetto della popolazione civile che non desidera essere coinvolta nella guerra, così come lo stabilisce la Convenzione di Ginevra, ma anzi deve essere rispettata in difesa della vita, del territorio e della sua dignità.
Convinti di avere la Sua attenzione, inviamo distinti saluti.

Il Presidente di Colombia Vive! Il Sindaco
Dr. Andrea Proietti Stefano Bigaroni

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