venerdì 8 febbraio 2008

La marcia del 4 febbraio vista da due missionari laici italiani che vivono in Colombia

Condividiamo con i nostri lettori la riflessioni che su la marcia del 4 febbraio in Colombia, hanno fatto Raffa e Joseph, che con i suoi bimbi si sono trasferiti al Cauca per donare tre anni delle proprie vita al servizio delle comunità indigene.


ciao a tutti carissimi,
vi raccontiamo un poco della marcia del 4 di febbraio organizzata per la liberazione dei sequestrati dalle FARC, in molte città del mondo.
I movimenti e le organizzazioni indigene e campesine, in particolare quelle del nord del Cauca dove noi viviamo, hanno deciso di non aderire alla marcia nazionale, perché la considerano politicamente strumentalizzata per far scendere in piazza a favore del governo Uribe e del Plan Colombia questi settori di popolazione, che tuttora sono un ostacolo al piano, e prendere ufficialmente una posizione contro le FARC. La politica di seguridad del presidente è largamente appoggiata dalla
popolazione che vive nelle zone urbanizzate (70% popolazione) perché la presenza massiva dell'esercito ha permesso di poter condurre una vita relativamente sicura e tranquilla dagli attacchi della guerriglia, questo però solo nelle zone urbane, il prezzo di questa sicurezza lo pagano le zone rurali.

Certamente la manifestazione di ieri é nata dalla base, alimentata dall'orrore per le immagini delle condizioni in cui si trovano i sequestrati dalla FARC e da una generale stanchezza per questa guerra che dura da 40 anni. Le FARC si sono giocate l'appoggio di larga parte della popolazione con la loro intransigenza, il settarismo politico di cui sono fautrici e soprattutto con la pratica dei sequestri che negli ultimi tempi si é accompagnata ad una serie di promesse tradite, come la
liberazione di alcuni prigionieri, la più famosa è Ingrid Betancourt, e che ad oggi, nonostante tutto il circo mediatico, incluso l'intervento del presidente Chavez, non ha portato a nulla.

Per il movimento indigeno é importante sottolineare la distanza dalle FARC, ma anche dalla politica governativa che pretende di risolvere il conflitto esclusivamente con la forza e riaffermare la propria identità di soggetto politico impegnato pacificamente nella difesa della vita, della dignità e della terra da ben prima che l'emozione per le immagini dei sequestri portassero le città a mobilitarsi.

I soggetti armati sono una minaccia per la vita delle comunità a prescindere dalla divisa che indossano; entrambi tentano di coinvolgere la popolazione civile nel conflitto a proprio vantaggio.
La guerriglia, a vario titolo legata al narcotraffico, difende i coltivi illeciti e arruola ragazzi e ragazze sempre più giovani tra gli strati più miseri della popolazione; i militari eradicano i coltivi illeciti di coca e papavero, ma non stanno a fare i sottili, lo scopo sotterraneo del governo è eradicare oltre ai coltivi anche la popolazione per poter sfruttare la terra ed in particolare il sottosuolo ricco di minerali preziosi, che gli indigeni non utilizzano perché non è
nella loro cultura e per preservare le risorse idriche. Sono infatti i militari stessi a minacciare, rubare, spaventare la gente, a volte vestiti da paramilitari per non farsi riconoscere. La gente è convinta che il governo non avrebbe mai concesso l'asfaltatura della strada che porta fino a qui (praticamente in mezzo al nulla) se non ci fosse sotto qualcosa di più grosso.

La presenza degli uni attira l'intervento o lo scontro con gli altri e la gente ci vive in mezzo come può.
Questo rende evidente perché si è deciso di non schierarsi, ma ciò non significa inerzia. Venerdì 8 febbraio in Toribio i cabildos dei tre resguardos hanno organizzato una marcia e una manifestazione a favore della vita, della pace e della smilitarizzazione in cui ci sarà un momento dedicato alla narrazione del processo storico che ha portato alla rivendicazione di popolo e anche un riconoscimento per la guardia indigena che è stata istituita nel 2002. Quest'ultima si compone di
volontari disarmati ed ha il compito di proteggere la vita della popolazione civile, ma non la sicurezza dei coltivi illeciti, che sono ciò che attira le parti armate nel territorio.

Speriamo e preghiamo che tutto si svolga in modo tranquillo, perché nei giorni precedenti la marcia ufficiale ci sono stati scontri a fuoco al Tierrero, nel resguardo di Caloto e la guerriglia girava, soprattutto ai piedi delle montagne per intimare alla gente di non partecipare.
Noi dal canto nostro ci mettiamo preghiera, presenza e scritti per far conoscere ciò che ai più non appare.

Raffa e Joseph

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