mercoledì 8 ottobre 2008

Bolivia, Venezuela, Paraguay e Argentina: una sola minaccia



Gli USA tentano di destabilizzare l'America Latina - 03/10/2008

Di Guillermo Almeyra

La Bolivia arde e la destra organizzata da Washington marcia verso la guerra civile con la sua scalata di violenzata. Il Venezuela, a sua volta, affronta la possibilità di un golpe militare, con l'appoggio dei mezzi di comunicazione e delle imprese, anch'esso orchestrato dagli Stati Uniti. In quanto al Paraguay, Fernando Lugo ha denunciato la preparazione di un colpo di Stato e continua ad essere sottomesso alla pressione del Dipartimento di Stato che esige la defenestrazione del ministro degli esteri, il quale Washington accusa di essere legato all'Hezbollá e Hamás. Allo stesso tempo, l'FMI si oppone al fatto che il governo paraguaiano decida di tassare l'esportazione della soia. L'Argentina per conto suo sta affrontando un processo istituito a Miami, contro un delinquente statunitense-venezuelano che ha introdotto illegalmente a Buenos Aires una valigia con 800 mila dollari. Nonostante siano stati confiscati dalla dogana argentina e lì sono rimasti senza essere utilizzati, e nonostante tre richieste d'estradizione della giustizia bonaerense che non hanno avuto ricevute di ritorno, l'FBI cerca di montare un caso per favorire la destra argentina, inventandosi il finanziamento illegale estero alla campagna elettorale di Cristina Fernández. Tutto questo mentre gli Stati Uniti riattivano la loro Quarta Flotta che, con il pretesto di combattere il narcotraffico, pattuglieranno non solo le coste dei paesi latino americani ma cercherà di percorrere i fiumi interni, minacciando il Brasile, Ecuador, oltre il Venezuela, Argentina e Paraguay.
La Bolivia ha espulso l'ambasciatore statunitense dopo aver provato la sua connessione con la destra secessionista della Mezza Luna, i cui blocchi e azioni terroristiche tagliano l'energia a Brasile e Argentina e minacciano il Paraguay. Anche il Venezuela ha adottato la stessa misura, l' Honduras non da il placet all'ambasciatore di Washington e l'Argentina ha fatto sapere di sentirsi aggredita. L'America Latina è allarmata e in tensione. L'aggravamento della crisi negli Stati Uniti e la caduta del prezzo del petrolio e delle materie prime sono una minaccia per i governi che desiderano mantenere una certa distanza da Washington. Allo stesso tempo si acutizza la lotta tra i settori borghesi in ogni paese e gli oppressi e sfruttati e anche la disputa per le imposte statali e per il potere tra i settori capitalisti agrari e finanziari uniti al capitale finanziario internazionale e i deboli che, al contrario, desiderano lo sviluppo del mercato interno e cercano d'appoggiarsi alla popolazione povera facendogli concessioni e migliorando la loro situazione.
Visto che i settori capitalisti dominanti sono uniti al capitale straniero e cercano appoggio dagli Stati Uniti e i settori riformisti e distribuzionisti vacillano, la difesa dello sviluppo e della sovranità nazionale sono in mano, esclusivamente, degli indigeni, contadini, operai e dei settori più poveri delle classi medie urbane e rurali. Questo acutizza la discriminazione classista e razzista dei capitalisti dominanti, che a volte attraggono i settori popolari che si sentono superiori agli "indigeni" o "negri" e adottano l'ideologia dei padroni. Questa è la base dell'imperialismo che non può invadere con i marines e dirige la guerra sociologica e psicologica utilizzando i propri mezzi d'informazione verso coloro a cui fanno da cassa di risonanza le classi medie reazionarie. Le classi dominanti locali più reazionarie, come nel Cile di Salvador Allende, sono la fanteria di Washington che le dirige da controllo remoto.
Inoltre, la candidata a vicepresidente di McCain, la governatrice Palin, ha appena dichiarato che gli Stati Uniti devono prepararsi alla guerra contro la Russia (e quindi con la Cina, alleata di Mosca) e Washington ha rianimato la guerra fredda su scala mondiale. A questa situazione prende parte la decisione di rovinare i governi che, anche se capitalisti, non sono allineati all'imperialismo. Il Venezuela, per difendersi, compra armi russe e la Bolivia si appoggia all'Iran, le cui cose trasformano Hugo Chávez e Evo Morales in due prede. Il governo boliviano ha dichiarato lo stato d'assedio a Pando ma cerca di negoziare con la destra.
Anche se il governo boliviano è di sinistra, lo Stato continua ad essere del capitale, come in Venezuela, dove parte dell'apparato statale cospira contro Chavez. La destra boliviana vuole recuperare il potere dello Stato appoggiandosi in una parte di questo contro il presidente indigeno. La giustizia corrotta non la condannerà e la destra non concilierà ne negozierà perché ha una base razzista e fascista a Santa Cruz ed il sostegno di parte degli apparati statali (e di parte dell'alto comando militare). Non c'è, per tanto, un'altra via per reprimere la destra oltre alla repressione statale che faccia rispettare la Costituzione e dia le armi ai contadini per garantire la democrazia ed evitare l'assassinio dei lavoratori inermi da parte delle bande razziste armate.
E' giusto evitare il più possibile lo spargimento di sangue e non dipendere solo dai militari e dalla polizia, ma già corre il sangue dei contadini e gli uomini in uniforme sono picchiati dai gruppi di scontro razzisti che si fanno forza sulla loro impunità, mentre nelle forze armate la debolezza politica del governo da margine al golpismo. E' giusta, per tanto, l'avvertenza fatta da Chavez, che interverrà in un conflitto armato se si attenterà al governo legittimo di Evo Morales. Anche il Brasile, Argentina, Cile, Ecuador e Perù danno il loro appoggio, incondizionato e illimitato, a Morales, come dovrebbero fare tutti i governi latino americani. In nome di Juárez e di Zapata dobbiamo esigere l'appoggio al governo messicano.

Da "La Jornada", Messico.

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