lunedì 21 gennaio 2008

La carovana dei movimenti italiani in appoggio a Evo



Autogoverno, controllo delle risorse, cooperazione dal basso. Il «laboratorio Bolivia» voterà la nuova costituzione che ridisegna il volto del paese andino.Ma i poteri forti tornano all'attacco. E i movimenti italiani corrono in aiuto.
Giuseppe De MarzoLa Paz
Il cielo è schiacciato sulle teste delle case di mattoni rossi che si accalcano una sull’altra nelle strade di La Paz. La terra si confonde sui volti degli Aymara e dei Quechua che affollano le strade che collegano la capitale boliviana alla città di El Alto, culla della ribellione sociale ed indigena che tra il 2000 e il 2006 ha sconfitto le privatizzazioni dell’acqua e del gas imposte dalle multinazionali, dal FMI e dalla BM ed ha respinto la repressione militare costata la fuga e le dimissioni di due presidenti.Ad accogliere la carovana organizzata da A Sud insieme ai movimenti italiani, alla quale partecipano anche esponenti del PRC, i Ponchos Rojos, l’avanguardia della resistenza indigena figlia di Tupak Katari e Bartolina Sisa, simboli di una lotta che attraversa secoli di storia. La carovana fa seguito all’incontro dello scorso 29 ottobre nell’edificio occupato di Via De Lollis a Roma con il presidente Evo Morales che in quell’inedita occasione, incontrò i principali movimenti italiani, dalla Val di Susa ai No dal Molin, passando per Action, A Sud, il Forum dell’acqua, la rete rifiuti zero, i collettivi studenteschi, la Fiom ed i sindacati di base, tra gli altri. Siamo qui in un momento di grande importanza per la trasformazione sociale di questo paese. Un cambiamento che riguarda la difesa dei beni comuni, forme inedite di autogoverno e di democrazia partecipata, l’obiettivo di un nuovo contratto sociale costruito su diritti e partecipazione, e l’inedita possibilità del superamento, sul piano internazionale delle istituzioni finanziarie e commerciali che, in questi ultimi venti anni, sono state alla base dell’esclusione sociale, delle guerre, dell’impoverimento del pianeta.“Evo cumple, mi revolucion avanza”, è scritto su tutti i muri ed è il senso degli incontri che si susseguono in vari luoghi del paesi con i dirigenti della Fejuve, della COB, della COR, dei Comitati per l’acqua, delle organizzazioni contadine, che raccontano come adesso la destra, -insieme alle oligarchie locali sostenute dal governo statunitense e dalle multinazionali, che non hanno digerito la “nazionalizzazione” degli idrocarburi -, cerchino di destabilizzare il paese e di distruggere il cambiamento in corso. Un progetto già messo in scena l’11 gennaio dello scorso anno, quando a Cochabamba i poteri forti hanno utilizzato la “gioventù di Santa Cruz”, fascista e razzista, per tentare di imporre con le armi l’autonomia dei territori ricchi di risorse energetiche, che già avevano bocciato i referendum sull’autonomia proposti dai prefetti delle regioni della cosiddetta mezza luna.“A matar al indios”era lo slogan di quei giorni in cui i contadini ed i movimenti hanno dovuto respingere l’assalto che mirava a gettare il paese nel caos e che ha provocato tre morti e duecento feriti. A distanza di un anno da quell’11 gennaio la “rivoluzione democratica” avanza e all’ordine del giorno vi è la nuova Costituzione promossa dall’assemblea costituente, voluta dai movimenti, che per la prima volta non solo riconosce l’esistenza di un paese plurinazionale e multiculturale, ma sancisce l’inviolabilità dei diritti fondamentali e la difesa dei beni comuni e dei servizi basici come elementi fondativi del nuovo contratto sociale. Tra circa quattro mesi il popolo sarà chiamato a votarla e su questo si gioca una enorme partita. I movimenti, nonostante rivendichino la loro autonomia, consci del momento storico, appoggiano la nuova costituzione che rappresenterebbe una conquista enorme per gli esclusi dal “progresso” e dalle immense ricchezze energetiche del paese, spogliato in questi cinquecento anni di grandi fortune ma ancora estremamente ricco. Anche quando veniamo accolti dai Ponchos Rojos nella città di Achacachi, capitale della ribellione Aymara, nella provincia di Omasuyo, il sindaco Eugenio Rojas e migliaia di cittadini in assemblea permanente ci esprimono la loro decisione di avanzare su questo terreno. Una festa bellissima in cui si da inizio ad un progetto di cooperazione dal basso, sostenuto dal comune e dalla provincia di Roma, che rafforzerà la sovranità alimentare ed idrica di migliaia di famiglie. E a Cochabamba, la città della guerra dell’acqua, nella comunità di Chilimarca, per la prima volta è stata realizzata una rete fognaria in totale autonomia di cui beneficeranno ottomila persone. Sono i “guerrieri dell’acqua” che nonostante anni di lotte non avevano mai avuto accesso ai servizi basici. Un progetto “alternativo” portato avanti da A Sud e sostenuto dalla provincia di Venezia con l’istituzione di una tassa di un centesimo a metro cubo d’acqua consumato, che dimostra come sia possibile immaginare una cooperazione diversa in cui sia la comunità a decidere, a gestire ed essere proprietaria delle strutture. La Bolivia è un laboratorio su molti fronti, anche per ciò che riguarda la formazione universitaria, come ci spiega il rettore della UPEA, l’Università Autonoma de El Alto, nata proprio nel 2000. Qui si sperimentano forme di cogestione con gli studenti, si insegna anche “cosmogonia Aymara” e si partecipa alle lotte sociali, alle manifestazioni e ai processi di trasformazione del paese. Un’università unica al mondo, costruita e sostenuta dal basso. Ultima tappa per la nostra missione: il Palacio Quemado a Plaza Murillo. Siamo stati invitati dal presidente Evo Morales nel palazzo di governo. Un palazzo che forse nessuno avrebbe pensato potesse essere “abitato” da un indigeno, sindacalista e cocalero. Consegniamo a Sacha Llorenti, viceministro della presidenza per i rapporti con i movimenti sociali, la lettera di appoggio dei movimenti italiani. Qui in Bolivia il cielo è molto vicino alla terra, e pare davvero si possa immaginare quello che altrove sembra impossibile.

Il Manifesto, 18 gennaio 2008

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