domenica 29 giugno 2008

COLOMBIA: ÁLVARO URIBE E' UN PRESIDENTE ILLEGALE?


Gennaro Carotenuto
(27 giugno 2008)


Dai media e dai governi occidentali è il più coccolato dirigente politico latinoamericano. Ma la rielezione di Álvaro Uribe nel 2006 in Colombia, generata da una riforma costituzionale approvata solo per voto di scambio, potrebbe perfino essere annullata. Lui, come un suo collega di Arcore, lungi dal volersi fare processare, prova ad uscirne nella più bonapartista delle maniere: con un plebiscito.
Nel 2005 Álvaro Uribe non poteva essere immediatamente rieletto e avrebbe dovuto aspettare il giro successivo per ricandidarsi. La scappatoia che gli si offrì fu una riforma costituzionale che gli permise di ricandidarsi e di essere rieletto (e adesso sta tentando la stessa manovra per un terzo mandato nel silenzio di quelli che si stracciano le vesti in altri casi).
Adesso sappiamo, il tutto sanzionato da una condanna passata in giudicato a quattro anni di carcere, che almeno il voto del deputato Yidis Medina è stato comprato da Sabas Pretelt, uomo di Uribe, all’epoca ministro degli interni e attualmente ambasciatore di Colombia a Roma (in attesa che un governo italiano decente, di destra o di sinistra, lo dichiari persona non grata). E’ un processo, che in Colombia viene chiamato Yidispolitica, che coinvolge ministri e deputati del più stretto giro del presidente e che ne mette in dubbio seriamente la legittimità in carica.
Infatti, per la Corte Suprema colombiana, che si è espressa in merito ieri giovedì, la condanna di Medina fa cadere il castello e dimostra che la riforma costituzionale che permise al presidente di ricandidarsi sia “viziata da una chiara deviazione operata dal potere” e quindi si apre adesso un processo di riesame che in ultima analisi potrebbe portare perfino all’annullamento delle elezioni di due anni fa e alla conclusione che in questi due anni la Colombia ha avuto un “presidente di fatto”, ma illegale per diritto.
E la risposta di Álvaro Uribe non si è fatta attendere.
Senza mettere in dubbio il proprio diritto (divino?) a candidarsi, invece di attendere l’evoluzione del processo, vuole chiamare il popolo colombiano ad un referendum per ripetere o meno le elezioni del 2006. Anche se i media internazionali non insorgono, quella di Uribe è la più sfacciata, demagogica, populista delle proposte da parte di un presidente probabilmente illegale, che al momento ha una sessantina dei suoi tra carcere e immediate vicinanze per essere organicamente paramilitari.
Come il capo del governo italiano, Silvio Berlusconi, anche Uribe considera il potere esecutivo al di sopra di quello giudiziario e vuole usare il voto popolare come passaporto per l’impunità. Ma la democrazia, in Italia come in Colombia, è un’altra cosa.

fonte www.gennarocarotenuto.it

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