lunedì 4 maggio 2009

COLOMBIA: LA SFIDA DEL MOVIMENTO INDIGENO

Fabio Marcelli

Si e’ concluso giovedi’ 30 aprile a La Maria, territorio di pace e negoziato, il
XIII Congresso del Consiglio Regionale Indigeno del Cauca, la piu’ forte ed
antica organizzazione colombiana del movimento indigeno, dopo quattro giorni di
intenso dibattito articolato in sette commissioni (salute, educazione, economia,
ambiente, governo proprio, rapporti con gli altri movimenti sociali in seno alla
minga indígena e popolare, pace e diritti umani, ) con la elezione del nuovo
gruppo dirigente e una festa di popolo che e’ durata oltre dodici ore, una vera
e propria esplosione di allegria e gioia di vivere di questi popoli che le sanno
abbinare in modo davvero ammirevole con la tenacia nella lotta e nella
resistenza che durano da oltre cinquecento anni. Al Congresso hanno partecipato
oltre diecimila delegati del Dipartimento del Cauca, culla del movimento
indigeno colombiano, in una regione che vede la presenza massiccia di varie
etnie originarie (Nasa, Guambianos, Yanacona, Kokonuko, Ingas ed altre ancora).
Il Congresso ha confermato la forza e il profondo radicamento di questa
organizzazione indígena, che costituisce una sede fondamentale di esercizio di
democrazia diretta, organizzazione di lotta, autogoverno ed orientamento
político. Fra gli osservatori internazionali era presente il sottoscritto in
rappresentanza delle associazioni dei giuristi democratici. Sui temi
dell’autogoverno indigeno e’ in corso altresi’ un progetto di ricerca
finanziato dalla Regione Lazio.

Proprio da La Maria era partita in ottobre la minga, grande mobilitazione
indígena e popolare, che dopo varie giornate di fieri scontri con la famigerata
polizia antisommossa di Uribe, gli ESMAD, che avevano lasciato sul alcune
vittime e vari feriti da arma da fuoco, era partita in marcia fino a Bogotá’,
rappresentando un essenziale momento di coagulo per tutti i movimenti popolari
colombiani: sindacati, contadini, afrodiscendenti, donne, studenti, tagliatori
di canna da zucchero.
Al termine della minga era iniziato un round di negoziati con il governo, nel
complesso abbastanza deludenti, ma con alcuni risultati concreti, quali
l’affossamento della legge di sviluppo rurale da parte della Corte
costituzionale e l’impegno del governo a firmare la Dichiarazione delle Nazioni
Unite sui diritti dei popoli indigeni, sia pure con alcune riserve. Circa un
mese dopo, la vendetta, nel peggior stile mafioso, l’assassinio di Edwin
Legarda ,sposo della principale dirigente indígena Aida Quilcue’. Proprio la
giornata finale del Congresso sette militari sono stati arrestati per questo
assassinio, ma sembra chiaro che le responsabilita’ siano ben piu’ in alto:
infatti l’omicidio era stato programmato come un ennesimo caso di “falso
positivo”, rivestire il cadavere degli assassinati, fra i quali doveva essere
la stessa Aida, con uniformi della guerriglia, per farli passare come membri
delle FARC uccisi in combattimento, il solito artificio usato da un governo
oramai alle corde per i numerosi scandali, le continue violazioni dei diritti
umani e la fedelta’ esclusiva alle multinazionali e all’alleato statunitense
Bush oramai consegnato alla pattumiera della storia.
Il XIII Congresso del CRIC ha confermato il ruolo di avanguardia svolto dal
movimento indigeno nell’attuale contesto di crisi acuta del regime uribista.
Fra le proposte piu’ significative approvate, oltre al rafforzamento
dell’autonomia e dell’autogoverno e al recupero delle terre comunitarie, la
mobilitazione per i piani di salvaguardia dei popoli indigeni minacciati dal
conflitto, che la Corte costituzionale ha chiesto al governo di varare entro
due mesi, la creazione di una guardia indígena nazionale e la proposta di
dibattito pubblico rivolta alle FARC, alle quali si chiede di rispettare la
neutralita’ dei territori e della popolazione indígena nel conflitto armato che
le oppone al governo. Il dibattito con le FARC dovrebbe vedere la presenza di
osservatori internazionali e se non sara’ possibile svolgerlo in un luogo
determinato per il possibile veto del governo, sara’ comunque svolto in forma
pubblica utilizzando strumenti virtuali. La guardia indígena, cui dovrebbero
affiancarsi analoghe organizzazioni dei contadini, degli afrodiscendenti, dei
sindacati, ecc., costituisce una formazione di autodifesa tendenzialmente
nonviolenta (armata di solidi bastoni ma soprattutto guidata dall’inflessibile
volonta’ política dei militanti indigeni) e pacifista, che rappresenta una
concreta alternativa al conflitto armato in corso oramai in Colombia da
lunghissimo tempo. Nei territori indigeni colombiani la guardia indígena
costituisce gia’ ora un fondamentale strumento di controllo del territorio e di
alternativa al conflitto.
Tale conflitto, come testimoniano studi approfonditi recentissimi svolti da
varie istituzioni di ricerca, non puo’ trovare una vía d’uscita militare e la
guerra fratricida continua a mietere vittime: fra i giovani guerriglieri e
soldati, ma soprattutto fra la popolazione civile. I movimenti sociali, primo
fra tutti il movimento indigeno, si assumono oggi fra l’altro il ruolo di
rilanciare un negoziato che non deve vedere come esclusivi partecipanti il
governo e le organizzazioni guerrigliere, ma deve svolgersi con il controllo e
la presenza organizzata del popolo colombiano, principale interessato a una
pace definitiva e duratura per una nuova Colombia. Le elezioni in programma per
la prossima primavera 2010 potranno a loro volta segnare, in un quadro di
crescita del movimento popolare, un punto di svolta per uno dei pochi governi
latinoamericani che ancora non hanno súbito il vento del cambiamento
progressista e rivoluzionario. In questo senso occorre guardare alle
mobilitazioni previste per luglio ed ottobre che sono state deliberate dal XIII
Congresso del CRIC e da tutti i movimenti sociali colombiani. Da segnalare
inoltre la candidatura di Aida Quilcue’ e di altri dirigenti indigeni al
Parlamento colombiano.

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