giovedì 25 giugno 2009

"Ci uccidono per farci tacere, ci fanno tacere per ucciderci"


Colombia: nessuna novità, continuano a ucciderci e si consolida il terrore

23 - 6 - 2009
Autore: Struttura per la Comunicazione del ACIN

Avevamodetto:" I miliziani e i simpatizzanti degli attori armati devono decidere se accettare le norme della comunità o andarsene dal Territorio". Sicuramente è per questo che hanno vigliaccamente ucciso Marino Mestizo. Da entrambe le parti ci uccidono perchè la guerra è contro il nostro popolo.

Inviamo il nostro affetto e la nostra solidarietà alla famiglia, agli amici e alla comunità che oggi stanno
patendo un dolore irreparabile. E dall'impotenza diciamo agli assassini, da qualsiasi parte essi vengano, che sono dei criminali e dei codardi. E che esigiamo che rispettino il nostro processo e la vita. Marino Mestizo, non ti lasceremo morire mai.

" Siamo qui perchè ci uccidano tutti! Sono stati i potenti che non sono daccordo con noi. Sono dei codardi!", ha esclamato con gli occhi pieni di lacrime un membro della comunità La Esperanza Jambalò, villaggio dal quale proveniva Marino Mestizo, indio Nasa assassinato oggi a Santa Rita, resguardo di Toez, Municipio
di Caloto, Cauca.

Marino Mestizo era un leader compromesso con il processo, riconosciuto e apprezzato dalle autorità e dalla sua comunità. Presidente della Junta de Acciòn Comunal del suo villaggio, Cordinatore Giuridico del Cabildo Indigena di Jambalò, attualmente faceva parte del Comitato di Investigazione del Cabildo, che sta indagando su casi come quello del sequestro dei sette funzionari della Alcadìa di Jambalò, liberati l'anno passato dalla comunità. I signori della guerra lasciano vedova Cecilia Escué e orfani i suoi quattro figli, due dei quali minorenni.

L'omicidio è avvenuto alle ore 1:30 della pomeriggio, quando Marino Mestizo stava andando a Jambalò in motocicletta insieme ad un altro membro della comunità. Mentre transitavano sulla strada che da Caloto conduce a El Palo, nella giurisdizione del resguardo di Tòez, nel luogo conosciuto come Santa Rita, sono stati intercettati da due uomini armati e incappucciati. Questi, dopo averli obbligati a fermarsi, gli hanno chiesto i loro nomi, e dopo averli identificati hanno portato via Marino Mestizo e minacciato l'amico che era con lui intimandogli di andarsene da lì.

A Marino hanno legato le mani dietro la schiena e poi lo hanno portato a 500 metri dalla strada, in irezione Santa Rita. Dopo circa 20 minuti lo hanno ucciso. Quando sul luogo è arrivata la Guardia Indigena di Tòez e di Huella Caloto, lo hanno trovato a faccia in giù con tre buchi di pallottola in testa.

Marino Mestizo è stato uno dei leader che ha dato il via al processo iniziato dopo la Dichiarazione di Emergenza Territoriale e Umanitaria che, oltre a richiamare le persone che fomentano la produzione di allucinogeni in cucine e laboratori istallati nel territorio della comunità, gli dava anche il termine di tre giorni per andarsene volontariamene dal territorio. Era lui che notificava ai miliziani e ai simpatizzanti
degli attori armati che dovevano decidere se adeguarsi alle norme della comunià o, in caso contrario, andarsene.

Secondo le indagini svolte fino ad ora, Marino era stato molto esplicito durante l'Assemblea Permanente svoltasi a La Esperanza, mettendo in atto l'attestazione sull' Emergenza Territoriale e Umanitaria emessa dalle autorità. "Quando si è svolta l'Asssemblea Permanente abbiamo aperto il dibattito nella comunità e abbiamo deciso che coloro che vengono da fuori a causare inconvenienti devono andarsene. Tre giorni dopo sono arrivate le minacce", hanno dichiarato alcuni membri della comunità in stato d'angoscia provocata dall'aver visto il cadavere del loro compagno.

Dopo le minacce, Marino Mestizo, cosciente di cosa queste implicassero, aveva detto ai suoi compagni che, se a lui fosse accaduto qualcosa, loro non dovevano scoraggiarsi ma tirar fuori ancora più forza e seguitare a lottare senza abbassare la guardia per non farsi sottrarre il loro territorio, e che se anche gli fosse toccato lasciarci la vita, lo faceva per la comunità.
Si è saputo anche che Marino stava investigando su alcuni miliziani delle FARC implicati con le minacce ricevute da alcuni leader indigeni in seguito alla distruzione di manufatti esplosivi e laboratori per la lavorazione della coca nel territorio di Jambalò. "Quello che vogliono è terrorizzare quelli che investigano e questo non lo possiamo permettere", ha detto con un senso di frustrazione un altro membro della comunità La Esperanza.

"L'omicidio di questo compagno non può rimanere impunito. Dobbiamo reagire con un'azione comune con i cabildos del nord del Cauca per difendere il nostro territorio. Non lottare con le armi come fanno loro, anche se vogliono ucciderci tutti noi non ce ne andremo. L'esercito e la guerriglia, chi nascondendosi e chi camuffandosi. Dobbiamo rendere più forte la Guardia Indigena nel nostro resguardo perchè sono loro che devono controllare il territorio", ha affermato una donna della comunità.

Speriamo in manifestazioni di impegno esolidarietà internazionale da parte di tutte le persone e i popoli che ancora difendono la vita e la giustizia. Con amarezza vi diciamo che nessun atto criminale deve passare inavvertito e che neanche si deve ricusare, chiunque siano i suoi autori. Per questo, il Consiglio Superiore del ACIN, in nome delle autorità tradizionali, si dichiara in Assemblea Permanente e chiama a dare un ultimo addio e accompagnare la comunità nel villaggio La Esperanza Jambalò a partire da domani 24 giugno. Luogo dove si rifletterà su quello che è successo e si prenderanno decisioni collettive per difendere il territorio e la vita.

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